Storia di Roma di Ettore Pais
52 CAP. VI. - DALL' INVASIONE GALLICA ETC.
fra i quali vi era Q. Sulpicio, atterriti dalla novità del pericolo, dall'aspetto terribile dei nemici, i quali riempivano l'aria di orribili canti e schiamazzi, dimentichi della patria disciplina e del rispetto dovuto agli dei, non afforzano secondo le consuetudini militari il loro accampamento, non attendono con i sacri riti i segni del favore divino e vengono alle mani con i Galli, che sino da principio sgominano le ordinanze romane e le mettono in fuga. La maggior parte dei Romani cerca scampo con il nuoto nel Tevere; il peso delle proprie armi, le saette dei nemici ne fanno perire una parte; tuttavia i più riescono a riparare a Yeio. Quelli che si trovavano sul corno destro accanto ai monti Crustumini, un po' più distanti dal Tevere, riescono con la fuga a salvarsi a Roma, e senza nemmeno chiudere le porte della Città, si afforzano nella rocca Capitolina. (*)
Secondo alcune versioni sul cadere dello stesso giorno in cui avevano combattuto presso il fiume Allia i Galli vengono alle porte della Città; (*) stando invece ad altre non meno diffuse, ottenuta la vittoria ed avidi di preda, attendono a tagliar le teste dei vinti ed a fare bottino, e solo tre giorni dopo la battaglia si sarebbero avvicinati alle mura di Roma. (3) I Romani frattanto, avuta notizia della disfatta, cercano con la fuga lo scampo; riparano nelle città vicine, e a tale partito si appigliano persino le vestali. I sacri arredi, in parte vengono nascosti e sotterrati entro vasi, in parte sono trasportati dalle vestali e da altri sacerdoti, ed una pia leggenda raccontava del plebeo Albinio, il quale, imbattutosi nelle vestali che a piedi per la via del ponte Sublicio e del Gianicolo
(1) Liv. V, 88; cfr. XXII, 50, 8; XXXVIII, 17, 6. I dati topografici della battaglia dell'Alba conservatici da Livio, V, 38 (cfr. Plut. Cam. 18), sono in opposizione con quelli di Diodoro, XIV, 114 sq. Su ciò v. oltre.
(2) Liv. V, 39: "ante solis occasura ad urbem Romani perveniunt. „ ; Tac. «>in. XV, 41; cfr. Mommsen, l c. p. 317, n. 41.
(8) Di già Polibio, II, 18 parla di tre giorni. Cfr. Verr. apd Gell. XA. V, 17; Plut. Cam. 22; Diodoro, XIV, 115, 6 dice xfl ztzipzrj 5'fjfisp?, ma naturalmente è lo stesso computo in cui il giorno della battaglia è incluso. È Diodoro che serba notizia delle teste tagliate dai Galli, notizia che pare derivare dalla redazione più vetusta.
| |
Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
|
Pagina (99/795)
|
da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
Sulpicio Galli Romani Tevere Yeio Crustumini Tevere Roma Città Capitolina Allia Galli Città Roma I Romani Albinio Sublicio Gianicolo Liv Alba Livio Diodoro Liv Romani Tac Polibio Gell Plut Diodoro Diodoro Galli Sulpicio Plut Cam Mommsen Cfr Verr Cam
|