Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. VI. - DALL' INVASIONE GALLICA ETC.
      I Galli intanto avevano messo in grave pericolo gli assediati nel Campidoglio. Uno di essi, avendo forse notato le vestigia di Ponzio Cominio, aveva tentato per la stessa via, seguito da altri, di penetrare nella rocca; i cani, che avrebbero dovuto vigilare, dormivano; degli assalitori si accorsero invece le oche sacre a Giunone e con lo strepito loro destarono il consolare M. Manlio che, dall'atto che raccontiamo, avrebbe poi avuto il cognome di Capitolino: fece a tempo a respinger il Gallo che era già salito sulla cima delle mura, ed uccise molti dei compagni di lui. (1) La fame già si faceva sentire; nondimeno i Romani assediati, privandosi del vitto necessario, premiarono con esso il valoroso difensore; precipitarono invece dalla rocca quella fra le sentinelle, che, per comune consenso, era stata giudicata colpevole di non osservata vigilanza.
      La fame però premeva sempre più gli assediati, i quali cercavano nascondere la deficienza di alimenti, e a tale fine dalle mura gettavano pani ai nemici. Costoro alla loro volta erano travagliati dalla pestilenza, favorita dalla intemperie. I cadaveri dei Galli venivano bruciati in cumuli, e da ciò la designazione posteriore di " busta Gallica „ data ad un luogo della Città. (8) La speranza di veder comparire l'esercito di Camillo tratteneva i Romani dall'arrendersi, ma, poiché l'aiuto sperato mai non giungevaraccolti a Veio, Dion. Hal. XIII, fr. 6. La prima versione è riferita anche da Plutarco, Cam. 25, da Appiano, Gali. 5, e da Cassio Dione, fr. 25, 7. In Diodoro, XIV, 116, Cominio si reca bensì nel Campidoglio, ma solo per incorare gli assediati con la notizia della vittoria riportata sugli Etruschi, e Camillo dice fatto dittatore solo dopo il principio della guerra volsca, ih. 117.
      (*) Anche Diodoro, XIV, 116, segue nelle linee fondamentali la versione comune (cfr. Liv. V, 47; Dion. Hal. XIII; Plut. 6 Cam. 26). Anche egli racconta l'aneddoto delle oche, però non dice, come Livio, che M. Manlio fosse già stato tre anni prima console, ma si limita a dirlo svSogog àvvjp.
      (a) Sono tutti tratti dalla versione liviana, V, 47; 48. La storiella dei pani è riferita anche da Ovidio, fasi. VI, 350 sqq., a proposito dell'ara di Giove Pi-store. Cfr. Val. Max. VII, 4, 3.
      (3) Sulla località detta u busta Gallica „ oltre a Liv. V, 48, 1; XXII, 14; v. Varr. ci. I. L. V, 157, il quale però dice che la località ebbe bensì nome dalle ossa dei Galli, ma che queste vennero * coacervata ac consepta „ soltanto dopo che la Città fu ricuperata dai Romani.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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