Storia di Roma di Ettore Pais

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      M. MANLIO CAPITOLINO; M. FURIO CAMILLO LIBERA ROMA. 57
      e la fame era diventata intollerabile, si scese all'ultimo a trattative di riscatto. Il regolo gallo Brenno lo accordò al tribuno Sul-picio per mille libbre di oro, ed il patto indecoroso venne accettato. Mancava la quantità d'oro necessario, ed a ciò provvide la generosità delle donne, che offrirono i propri ornamenti. Dai Galli si portarono però bilancie falsate, ed ai Romani che si lamentarono, toccò udire le terribili parole: " guai ai vinti „. (1) Ma proprio in quel momento giunge da Yeio Camillo, che ai suoi impone di portare via l'oro e chiama il nemico alla battaglia. I Galli vengono sgominati nel Foro e poi sconfitti in vera e propria battaglia all'ottavo miglio sulla via che conduceva a Gabì. I loro accampamenti vengono presi; non uno di essi sopravvive alla disfatta, e M. Furio Camillo torna trionfante in Città. (")
      Il primo pensiero dei Romani, ricuperata la patria, è volto alla religione ed alle purificazioni dei luoghi su cui sorgevano i templi degli dei, e profanati dai Galli. Per iniziativa di Camillo si istituiscono feste a Giove Capitolino ed in onore di questo dio, che aveva salvato la patria, si costituisce un collegio per coloro che abitavano il Campidoglio e la rocca; l'oro che avrebbe dovuto servire al riscatto, è consacrato sotto il trono di Giove Capitolino. (3) Si onorano anche le matrone, le quali, come già al tempo del dono da farsi ad
      (l) Liv. V, 48; Plut. Cam. 28 sq. Diodoro, XIV, 116, 7 dice solo: Tipsa-psoixévcov t&v ePa),iaca)v rcspi £taXóas(i>£ sTisÉaS^aav Xapóvxsc; Xtxpac;
      Xpoatoo iy)v 7icXtv sxXtTietv xaì sx xyj$ 'Pwjaàuov xo>pa£ àTiaXXayvjvat. Però aggiunge: Xsyooot Ss xcvsg (parole che paiono accennare come di solito in lui ad una redazione più recente) che, mancando Toro, xòv xpoaouv xóajxov al yovatxsc; si£ xyjv xotviqv awxyjpSav eioevéyxaaat xxX. e parla degli onori perciò ad esse concessi dal popolo. Secondo la versione nota a Polibio, II, 18, Y invasione che i Veneti fecero nel paese dei Galli indusse i secondi a venire a patti con i Romani. Di due mila libbre, anziché di mille, parlava Varrone apd Non. p. 228. Cfr. Dion. Hal. XIII, fr. 9; che fa menzione di 25 talenti e Plin. NH. XXXIII, 14.
      ('-') Liv. V, 49; XXII, 14;' Plut. Cam. 29. Tutto questo racconto manca nella redazione diodorea.
      (3) Liv. V, 50, 6: a aurum, quod Gallis ereptum erat, quodque ex aliis templis inter trepidationem in Iovis cellam conlattim, cum, quo referri oporteret, confusa memoria essetsacrum omne iudicatum et sub Iovis sella poni iussum „. Cfr. VI, 4; v. oltre p. 60, n. 3. Plin. NH. XXXIII, 14: * certe cum a Gallis capta urbe


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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