Storia di Roma di Ettore Pais
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cap. vi. - dall'invasione gallica etc.
questa è oppressa dal peso della costruzione delle mura; (*) si lamenta inoltre di non aver più ottenuto che alcuni dei suoi conseguissero il tribunato militare, che dal 391 sino al 367 a. C. figura ormai come la suprema magistratura dei Romani.
Ma nel 377 a. C. un incidente di indole pressoché puerile dà origine secondo la tradizione alla presentazione di quelle leggi che sono poi e per più secoli il fondamento della costituzione nazionale. Un Fabio ha due figlie, una è moglie del patricio Sulpicio tribuno militare, l'altra di un Licinio plebeo. Costei trovasi a far visita alla sorella in casa di Sulpicio ed è improvvisamente spaventata dal rumore fatto dal littore, il quale, secondo il costume, picchia fortemente alla porta del tribuno. Ridendo di ciò la maggiore sorella, lo spavento della seconda si cambia in invidia, non avendo essa conseguito nozze così illustri. 11 padre Fabio la consola e le promette che presto vedrà onorato in tal guisa anche suo marito, sebbene questi sia plebeo. Fabio prende infatti accordi con il genero Licinio e con L. Sestio, un altro plebeo, e costui, eletto tribuno della plebe insieme a Licinio, propone tre leggi: che nessuno possedesse più di cinquecento iugeri, che del danaro dato in prestito ai plebei, dedotte dal capitale le somme già pagate a titolo di interessi, il rimanente si dovesse restituire in un triennio a rate uguali, infine che si ritornasse al reggimento consolare e che dei due magistrati supremi uno potesse essere eletto fra i plebei. (*) La fiera ed illegale opposizione dei patrici, che riescono ad impedire che si votino tali leggi, fa sì che alla loro volta i tribuni vietino si proceda alle elezioni delle magistrature curali; e così per
(l) Liv. VI, 81, 2; 32, 1: a tantum abesse spes veteris levandi fenoris, ut tributo novnm fenus contraheretur in murimi a censoribus locatum saxo quadrato faciundum. cui succumbere oneri coacta plebes, quia quem dilectum impe-dirent non habebant tribuni plebis Che in questo passo, come in Liv. VII, 20, 9, ad a. 353 a. C., si accenni a quelle opere di difesa che dalla tradizione sono riferite all'età dei re, è stato notato da quei critici che conoscono la storia di Roma.
O L'aneddoto è riferito da Liv. VI, 34; cfr. Cass. Dio, fr. 29. Sulle leggi Licinie in generale v. Cat. orat. pr. Ehod. 5, p. 24 Jord.; Varr. Val. Max. Vili, 6, 3, 3; Plut. Cam. 39; Gell. XA. XX, 1, 23. Sulle forme * Sextius r e * Sestius „ v. s. parte I, p. 570, n. 3.
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (119/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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