Storia di Roma di Ettore Pais

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      cap. vi. - dall'invasione gallica etc.
      verso Licinio (uno dei tribuni i quali volevano che tutte e tre le leggi venissero insieme approvate) nomina a suo maestro della cavalleria un Licinio e, secondo taluni, quello stesso che, come tribuno della plebe, era causa precipua della lunga sedizione. Un Manlio cosi si schiera fra i difensori della causa popolare; (l) fra i fautori più ardenti del patriciato figura invece, come per il passato, un Appio Claudio. (2) Finalmente nel decimo anno della sedizione, essendo sempre rifatti gli stessi tribuni della plebe, e durante l'ultima dittatura di M. Furio Camillo, in vista di una nuova secessione della plebe e dopo lunghe contese tutte le rogazioni tribunicie sono votate ed approvate. Si accorda che uno dei consoli sia plebeo, ma a tale ufficio, anziché Licinio Stolone come ci attenderemmo, viene eletto il collega di lui L. Sextio. I patrici ottengono per se
      (1) Liv. VI, 89. Il maestro dei cavalieri scelto dal dittatore Manlio sarebbe stato un C. Licinio cbe Livio, per distinguerlo dal tribuno della plebe omonimo, designa con le parole: * qui tribunus militum fuerat In Cassio Dione, fr. 29, 5, il testo: À'.xJvviov yàp IxóXoiva TipoosiXsxo ovxa iTiTiap^ov è mutilo. Plutarco, Cam. 39, 3, dice invece che il dittatore creò Ititi*pyov aOxòv xòv Tfjysjaóva xy]£ axaascog 2xóXa)va. Secondo il Boissevain in Dione Cassio, l. c. p. 85, n., v'è una versione affatto simile a quella di Livio ed in Plutarco v'è uu grossolano errore; quiudi in opposizione al Beckker, che aveva supplito tTtxapyov :ipcss:XsTO òvxa 5V][xapxov propone: l*z7:ap)(ov zpoasiXsxo xaiTisp sx zob èvia. Nulla però dimostra, come il Boissevain crede, che Plutarco abbia sbagliato, e che Dione non seguisse quella stessa versione che il C. Licinio primo maestro dei cavalieri 'cfr. Liv. X, 8, 8) identificava con lo stesso tribuno della plebe. Gli scrupoli dell'egregio editore di Cassio Dione partono dal comune e falso concetto del valore della storia costituzionale di questo periodo. Così quel M. Popilio Lenate che nel 357 a. C. avrebbe fatto condannare il tribuno e poi console Li-cinio, Liv. Tir, 16, 9, è lo stesso personaggio che nel 359 e poi daccapo nel 356 a. C. ricompare come console; nel 357 è invece ricordato come tribuno della plebe, ciò che secondo la storia costituzionale romana si presenta come una cosa addirittura mostruosa.
      In ciò sta la ragione per cui, non ostante che il contesto di Livio ed il fatto in sè mettano in evidenza che M. Popilio nel 357 è un tribuno della plebe, questi non figuri nelle compilazioni moderne dei fasti dei tribuni; e con ciò sta pure in rapporto il fatto che il consolato di Popilio nel 354 era ammesso da alcuni annali, da altri no, Liv. VII, 18, IO. Su tutto quauto osservo rimando al cap. sg. ed all'esame particolare dei fasti, nel voi. di complemento.
      (2) Liv. VI, 40, che lo dice nepote del celebre decemviro.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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