Storia di Roma di Ettore Pais
critica dell'invasione gallica
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non si rimette al parere del senato desideroso di dare la dovuta soddisfazione ai Galli. Nella storia dei Fabi colpevoli dell'aver attirato sui Romani il flagello gallico sono del resto riconoscibili gli elementi di cui l'annalista Fabio Pittore si valse per formulare la leggenda dei suoi gentili caduti presso il Cremerà, ed in ciò sta anche la ragione per cui la battaglia dell'Alila fu fissata dagli antichi nello stesso giorno in cui si combattè presso le sponde del fiumicello Cremerà, che dall'Allia distava pochi chilometri. (l) Forse la fonte diodorea, che in questo caso può essere anche Fabio Pittore, non dice il nome degli ambasciatori che avevano violato il diritto delle genti perchè appunto quest'ultimo annalista non metteva in evidenza la colpa dei suoi gentili verso lo Stato, ed anzi la colpa trasformava in una più antica benemerenza. E probabilmente con ciò sta pure in rapporto il fatto che Diodoro nulla dice sulla soddisfazione che il popolo romano dà ai Fabì, eleggendoli a tribuni militari per l'anno seguente. (*)
Non è affatto strano, anzi, stando ad altri esempi storici, risponde al carattere dei popoli barbari invasori (si pensi ai Cimbri ovvero dopo lungo intervallo ad Attila), il cercare un pretesto di lotta ed una parvenza di diritto contro i popoli di cui si invadevano le terre. Ma siano o no stati i Fabì colpevoli di aver mancato ai doveri internazionali, è chiaro che la più antica annalistica romana, avendo naturalmente davanti a sè un orizzonte storico assai ristretto, cerca in un fatto particolare la spiegazione di un grande avvenimento quale è quello della invasione gallica, invasione determinata naturalmente da cause più ampie e generali e non diretta contro le sole città di Chiusi e Roma. (3) Di analoghi
(1) Il giorno della battaglia della Cremerà è assegnato anche a quella delPAllia da Livio, VI, 1, 11; Tac. hist. II, 91; cfr. Calend. Antiat. Le due disfatte erano già ricordate unitamente da Cassio Emina apd Macrob. I, 16, 21 sq.
(2) V. s. p. 51.
(3) Ciò fu capito dagli annalisti posteriori e perciò Livio, V, 33, 4 sqq., dopo aver narrato la leggenda del chiusino Arunte, che era raccontata nelle fonti più vetuste, reputò necessario dire: u equidem haud abnuerim Clusium Gallos ab Arrunte seu quo alio Clusino adductos; sed eos, qui oppugnaverint Clusium,
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (126/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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