Storia di Roma di Ettore Pais

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      CRITICA DELLA INVASIONE GALLICA.
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      Ma una tale ricerca, resa oltremodo difficile dallo stato assai frammentario di quelle tradizioni che non conseguirono di diventare ufficiali, se potrebbe dare qualche frutto dal lato della genesi della storiografia, da quello della conoscenza della vera e propria storia politica del secolo VI non ci condurrebbe pur troppo a risultati molto soddisfacenti, perchè la falsificazione, quasi sempre, è tanto antica quanto gli stessi primordi dell'annalistica nazionale. Non è infatti vero che i Romani, come pare asserissero di già le più antiche fonti, avessero provveduto a pubbliche spese alle tegole destinate agli edifici della Città risorta; stando ad altre notizie sino all'età diV
      Pirro le case erano coperte con assi di legno. 0) E falso che partiti gli invasori si fosse pensato a ricuperare ed a ritrovare le antiche leggi delle XII tavole, dacché codesta legislazione non è anteriore all'incendio gallico. (*) E se anche fosse vero che la Città sin d'allora si fosse estesa al di là dei confini del Settimonzio ed avesse incluso il Foro, se anche vi fossero state leggi esposte al pubblico
      (1) Plin. NH. XVI, 36: u scarichila contectam fuisse Romam ad Pyrrhi usque bellum annis CCCCLXX Cornelius Nepos auctor est „. L'esistenza a Roma di templi fatti di solo legno ancora nel 179 a. C. si ricava da Iul. Obseq. p. 113, 5, 12 I: aedes Veneris siile ullo vestigio cremata „.
      Allo stato delle nostre cognizioni è discutibile il valore della notizia di Diodoro, XIV, 116, e di Livio, V, 55, intorno alle vie di Roma che erano curve e male disposte in causa della fretta con la quale la Città venne ricostruita dopo Tiucendio gallico. Gli antichi ricavavano ciò dal fatto che le cloache passavano sotto alle case private, mentre in origine dovevano essere condotte su pubblico terreno. Questa notizia pare priva di valore allo Jordan, Topogr. d. Stadt Rom. I, p. 483 sg.; al Mommsen, roem. Forschungen, II, p. 331, n. 78, sembra invece il frutto di razionali induzioni fatte in età posteriore.
      Nasce però spontanea la domanda: se chi faceva tali integrazioni, per quanto pratico della Città, si fosse fatto un esatto concetto della natura del problema. L'erudizione antica infatti ci presenta le cloache come opera dell'età regia; le ricerche moderne mettono invece in chiaro, che si tratta non di canali artificiali con percorso regolare, ma di rivi naturali ricoperti dalla mano dell'uomo in tempi molto posteriori. Chi ci mette in condizione di sapere se il primo erudito romano che fece questa considerazione sulla causa dell'essere le vie storte, si fosse reso un'idea chiara della natura delle cloache? Quale garanzia sta ad assicurarci che la tradizione erri bensì nelPattribuire le cloache ai Tarquinì, ma colga nel vero dicendo che iu origine percorrevano territorio pubblico ?
      (2) V. s. parte I, p. 583 sgg.
      Pats, Storia di Roma. Voi. I. - Parte II. 7


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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