Storia di Roma di Ettore Pais

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      cap. vi. - dall'invasione gallica etc.
      tica fra tutte le cariche degli ottimati e che ad essa fosse stato chiamato quello stesso tribuno della plebe, il quale era causa della sedizione. (l)
      Che verso la metà del IV secolo si sia compiuta una grande riforma nell'ordinamento costituzionale romano, non ostante i dubbi formulati da taluno all'età nostra, non si può ragionevolmente negare. (2) Ma nulla dimostra che questo cangiamento si sia coni-
      (x) Le parole di Livio, VI, 39, 3, a proposito di C. Licinio il primo plebeo, che sarebbe diventato maestro dei cavalieri: " qui tribunus inilitum fue-rat, „ stanno in opposizione con la menzione ricordata da Plutarco, Cam. 39, secondo il quale C. Licinio era lo stesso tribuno della plebe. Da ciò potrebbe ricavarsi che Licinio respingeva la versione seguita poi da Plutarco. Ma tenendo presente il fatto che Livio, solo in via eccezionale, si cura di precisare quanto rifiuti del racconto di Licinio, v. n. preced., non può escludersi che colga nel vero l'ipotesi opposta, cfr. s. p. 74, n. 1. Checché sia di ciò, va constatato che tali notizie e varianti possono derivare da Licinio Macro come da un altro Licinio a costui anteriore nel raccontare le gesta della sua gente, cfr. s. p. 134, n. 2.
      Il carattere eminentemente aristocratico del tt magister equitum „ duce della cavalleria, la quale sino alla fine del III secolo era in parte riservata ai patrici, è evidente in sè, e risulta indirettamente anche dalle parole di scusa del dittatore Manlio: 44 simul negantem magistri equitum maius quam tribuni consu-laris imperlimi esse „ Liv. VI, 39, 4. Queste ultime parole si comprendono solo quando si consideri che furono scritte da un annalista posteriore a quella riforma del III secolo (cfr. Mommsen. roem. Staatsrecht, III, p. 254, n. 4) la quale aprì ai plebei le sei centurie dei u procnm patricium Di fatti in questo passo Livio dipende da Licinio.
      (2) Non credo di poter accettare interamente la tesi sostennta con molto acume dal Niese, nel l'Hermes, XXIII (1888), p. 410 sgg. intorno alle leggi Licinie Sestie ed alla data del primo consolato dei plebei. Respingo l'opinione sua e degli altri i quali credono che Diodoro, XII, 25, riferisca un dato più autentico e degno di fede ove dice che la legge sul consolato dei plebei venne approvata dopo la caduta del decemvirato. Il nessun valore della tradizione diodorea (che alla metà del V secolo, fra l'altro, attribuisce i u rostra „ della seconda metà del IV), che presuppone ed anticipa persino la rogazione, da altri assegnata al 342 a. C., intorno alla possibile nomina di due consoli plebei, Liv. VII, 42, 2, credo di aver indicato a sufficienza nella prima parte di questo volume, v. s. p. 558 sgg. Qui mi basti far rilevare come la notizia di Fabio Pittore apd Gell. XA. V. 4: u quapropter tmn primum ex plebe alter consul factus est, duo et vicesimo anno (Gellio correggeva 14 duodevicesimo „) postquam Romani Galli ce-pernnt „ abbia il pregio di mostrarci due cose: in primo luogo che Diodoro nel racconto del decemvirato e delle leggi Licinie-Sestie non seguiva, (come fu ad es.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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