Storia di Roma di Ettore Pais
148
cap. vi. - dall'invasione gallica etc.
Un'ultima conferma di quanto è stato finora osservato abbiamo nel racconto relativo alla creazione dei primi edili curuli ed al riordinamento dei " ludi Romani, „ provvedimenti che, stando alla tradizione più diffusa, sarebbero stati presi contemporaneamente all'approvazione delle leggi Licinie Sestie. Allo stato della critica, possiamo agevolmente dispensarci dal dimostrare il carattere re-
Liv. VII, 16, 1; 22, 6. Così la legge sul u fenus unciarium „ del 357 fa pensare a quella del 347 sul u fenus semunciarium, „ essendo console un altro Manlio, Liv. VII, 26, 3, ed all'altra sull'abolizione del " fenus, „ approvata nel 342, vale a dire nell'anno della sedizione guidata da quel C. Manlio, personaggio che fu anticipato in M. Manlio Capitolino, Liv. VII, 42, 2. La coincidenza delle due leggi sul u fenus unciarium „ e sulla u vicesima libertatis n nel 357 a. C. parrebbe pertanto un poco artificiale. Questo sospetto viene ad essere rafforzato se si considera quanto sia strana la notizia che una legge, proposta nel campo presso Sutrio, venga approvata dall'esercito (composto adunque di patrici e di plebei), non già nei comizi centuriati, come sarebbe logico attenderci, ma nei tributi. La proibizione successiva dei tribuni della plebe: u ne quis postea populum sevocaret „ Liv. VII, 16, 8, trattandosi di una legge di carattere marziale (si riferisce a prigionieri di guerra), di un provvedimento preso sotto la direzione di un magistrato curule rivestito dell'imperio militare ed in quei comizi iu cui era compreso tutto il popolo (a cui partecipavano quindi anche i patrizi) non è meno sorprendente. L'annalista che per primo parlò di questa legge, nel modo che a noi è pervenuto, aveva presenti i tempi suoi, in cui nei comizi centuriati si teneva conto delle tribù, ed in cui ai tribuni della plebe, come al tempo di Scipione Africano, era ormai lecito mescolarsi in faccende di guerra e di bottino.
Sino dal 209 a. C. almeno il ricavo della * vicesima libertatis ^ veniva conservato nell'erario di Saturno, anzi costituiva V * aerarinm sanctius „ Liv. XXVII, 10, 11. Ciò è ben spiegabile, tenendo conto dei rapporti che v'erano fra Saturno, i u Saturnalia „ e gli schiavi. Non parrebbe quindi a prima vista casuale od erroneo che la legge sulla u vicesima libertatis „ sia stata messa in rapporto con la fondazione dello stesso tempio di Saturno, che, stando all'annalista Gellio apd Mackob. I, 8, 1, sarebbe stato fondato verso la metà del IV secolo. Ma tenendo presente che anche i Valeri (in opposizione alle pretese dei Furi) si vantavano di aver fondato l'erario di Saturno (v. s. p. 147, n. 5), e che a proposito della presa di Satrico, conquistata da un Valerio nel 346 a. C., è detto: u extra praedam quattuor milia deditorum habita; eos vinctos consul ante currum triumphans egit; venditis deinde magnani pecuniam in aerarium redegit. sunt qui liane multitu-dinem captivam servorum fuisse scribant, idque magis verisimile est quam de-ditos venisse., „ Liv. VII, 27, 8, nasce il sospetto che vi fosse un'altra narrazione, la quale, anziché di legge approvata nei comizi tributi tenuti nel campo di guerra e relativa alla u vicesima libertatis, „ parlasse della disposizione presa di versare nell'erario di Saturno la somma ricavata dalla vendita degli schiavi. Il fatto che Sa-
| |
Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
|
Pagina (195/795)
|
da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
Romani Licinie Sestie Manlio Liv Manlio Manlio Capitolino Liv Sutrio Liv Scipione Africano Saturno Liv Saturno Saturnalia Saturno Gellio Mackob Valeri Furi Saturno Satrico Valerio Liv Saturno
|