Storia di Roma di Ettore Pais

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      cap. vi. - dall'invasione gallica etc.
      come quella relativa al trionfo di un Popilio sui Galli (350 a. C.), e tenta probabilmente celare Tonta di una posteriore disfatta. (l)
      Il colorito favorevole soprattutto ai patrici traspare nelle narrazioni che nascondono le colpe dei Fabì, ovvero in quelle che a costoro od ai Manli attribuiscono parte così notevole nella protezione della plebe. Il contrasto fra le versioni favorevoli ai plebei ovvero ai patrici risalta poi nel racconto della invasione gallica. I patrici affermavano ad esempio che, mentre la plebe aveva chiuse le sue umili case e si era dileguata nelle città vicine, i senatori erano rimasti nel Foro, oppur rimanendo nelle loro dimore, di cui avevano spalancate le porte, non avevano pensato a mettere in salvo le proprie ricchezze, ed anzi in favore della patria avevano fatto voto della propria esistenza. (-) Analoghi vanti facevano però anche i plebei. Era un plebeo quel Cedicio che, alla testa dei Romani raccolti a Veio, aveva superati gli Etruschi; era un altro Cedicio colui che avrebbe riferita la voce del dio Aio Locuzio annunziante l'invasione dei Galli, ossia del dio a cui si sarebbe poi inalzato un tempio nella " via Nova, „ ai piedi del Palatino. (3) Infine era un plebeo quel pio Albinio^che, essendosi imbattuto nelle Vestali fuggenti a piedi, recanti seco il sacro fuoco dello Stato, avendole fatte salire sulla vettura che trasportava i suoi, le condusse in salvo a Cere. (4) L'efficacia delle memorie plebee si scorge dove si dipingono con foschi colori le gesta dei Manli, ovvero dove di M. Camillo si fa un nemico della plebe; la notiamo anche nel racconto che la colpa della sciagura gallica attribuiva ai Fabì od ai Sulpicì, e soprattutto poi in quello della parte cospicua che nelle guerre contro i Galli o nelle sedizioni popolari ebbero i Popilì, (à) contrap-
      (1) Intorno alle cause che dettero vita a questo racconto v. oltre al cap. Vili.
      (2) V. ad es. Liv. V, 41, 7: u plebis aedificiis obseratis, patentibus atriisprincipum „ ; cfr. 40, 1; 41, 3.
      (3) Liv. V, 32, 7, dove si dice che l'avviso dato dal plebeo M. Cedicio
      non fu ascoltato u propter auctoris humilitatem „ ; cfr. V, 50, 6.
      (4) Con gli stessi plebei Albini, che avrebbero dato uno fra i più antichi tribuni della plebe, v. Liv. Il, 33 ad a. 493, si riconnetteva anche la dedica del tempio di Giunone sull'Esquilino, v. Fast. Praen. ad d. 1 Mart.
      5) Liv. VI[, 25, 1: a Priusquam inireut novi consules magistratum trium-


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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