Storia di Roma di Ettore Pais

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      vari strati della tradizione.
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      servivano quindi ad illustrare con esempi quotidiani una pseudo storia la quale, ancor più che ad essere un'opera letteraria o la glorificazione delle famiglie, mirava ormai a diventare una specie di catechismo, un programma dei partiti che si contrastavano il potere e che nelle vicende del passato cercavano la giustificazione delleriforme o del mantenersi fedeli alle vecchie norme. Il carattere di
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      sovrapposizione assai posteriore sui racconti primitivi falsificati in minor misura, traspare tanto dal colorito pseudo prammatico della versione liviana, dove si discorre delle agitazioni forensi al tempo delle leggi licinie, (l) quanto dal confronto che la fonte di Dionisio, parlando di Tuscolo e di Camillo, faceva rispetto ai costumi greci e romani. (-) Ed è persino lecito pensare che ancora più tardi, ossia all'età di Cesare e di Pompeio, si sia ulteriormente rimaneggiata ed elaborata la leggenda di M. Manlio Capitolino. (") Le versioni superstiti costituiscono in certo modo un parallelogrammo delle forze, ossia ci porgono come risultante finale quegli elementi delle varie tradizioni, a cui la ricchezza delle genti ed il valore
      (!) Ciò mostra la semplice lettura di Livio, VI, 37 sqq. Anche dei discorsi quivi riportati anziché runico autore, Livio non è che un rimaneggiatore. L'eloquenza dei Licinì in tutto ciò si era già da tempo esercitata.
      (2) Così quanto lo stesso Dionisio, VIII, 80, dice a proposito dei figli di Spurio Cassio (cfr. s. parte I, p. 434, n. 1; 506), come risulta nel modo il più evidente da tutto il contesto, anzi dalle esplicite parole di lui, fu originariamente scritto da un annalista dell'età sillana il quale biasimava la legge Cornelia sugli averi e gli onori dei figli dei proscritti, legge che, come è noto, fu nel 63 a. C. difesa da Cicerone, in Pis. II, 4; Plut. Cìc. 12; Plin. NH. VII, 117, contro il partito democratico. La legge Cornelia u de proscritione „ dopo tutto, in via di diritto, se non di fatto, toglieva gli onori e le sostanze ai figli dei proscritti, ma non la vita, cfr. ad es. Plut. Si/Il. 31; a differenza delle leggi greche (cfr. anche Cìc. de invent. II, 49, 144) e di ciò che ancora al tempo della seconda guerra punica si era fatto ad esempio della famiglia regia a Siracusa.
      (3) L'accusa infatti che Marco Manlio Capitolino muove ai patrici di aver nascosto l'oro conservato nel Campidoglio dopo la partenza dei Galli, Liv. VI, 14, 11, fa naturalmente pensare all'asserzione che nel terzo consolato di Poinpeio (52 a. C.) fossero scomparse le due mila libbre d'oro che a Giove Capitolino si dicevano dedicate da Camillo, v. Plin. NH. XXXIII, 14; una fonte democratica non poteva affermar ciò, in seguito alla condotta del figlio di Mario rispetto ai tesori capitolini Plin. NH. XXXIII, 16.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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