Storia di Roma di Ettore Pais
suessa pomezia ed il campidoglio del iv secolo.
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si dice poi avvenuto nel 338 a. C., ossia durante il consolato di L. Camillo, al quale la tradizione fa appunto riferire intorno alla sorte da accordarsi alle città vinte durante la guerra latina. (1) Nessun dubbio che a quest'età più recente, la quale dalla partenza dei Galli (dopo il 387 a. C.) va alla storica rivincita che i Romani ottennero su tal gente e si spinge anzi sino alla presa della volsca Satrico (verso il 346-341 a. C.) vada fissata la conquista e la distruzione di quella Suessa Pomezia, che era la più ricca città della regione delle paludi Pomptine, città che la tradizione af-
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ferma invece essere stata conquistata e distrutta al tempo dei re, ovvero nei primi anni della repubblica. La tradizione, che anche rispetto alle altre città volsche, ci presenta varie e parallele duplicazioni, fissa infatti la conquista e la distruzione di Suessa al tempo del primo e del secondo Tarquinio, ovvero nel 502 o nel 495. Ma dopo tutto è probabile ci sia conservata una notizia in parte autentica ove ci è detto che la decima della preda fatta nella volsca Suessa Pomezia, vale a dire nella latina Apiole, rese possibile gettare le fondamenta del tempio di Giove Capitolino. Stando ad una indicazione fornita dalla stessa cronologia varroniana, dovremmo fissare questo avvenimento verso il 389 a. C. in cui, dopo la grande vit-
(*) V. s. p. 125. Se dall'esame di Livio, VI, 6, ad a. 386, appare manifesto che quelle gesta, le quali da altri annali erano riferite ai Servili, ai Quinzi, agli Orazt, ai Cornell, ai Valeri, e che troviamo già ricordate per il 389 a. C., erano attribuite al pseudo dittatore M. Furio Camillo (il che si ripete su per giù pelle gesta di L. Furio Camillo fra il 349 ed il 345, Liv. VII, 25, 11, v. oltre al cap. VII), da quello di Plutarco, Cam. 37, 2, 38, 2, risulta nel modo il più evidente che nelle narrazioni più antiche le medesime gesta si raccontavano per L. Furio Camillo. Ciò è confermato anche dalla storia dei Veliterni ribelli e nemici a Roma già nel 385, Liv. VI, 6, 6; 13, 8, che si dicono puniti da Camillo (CIL* l2, p. 191, elog. VII) mentre ciò non solo repugna a quanto la tradizione racconta in seguito per Velletri, Liv. VI, 36; 37; 38; 42; XII, 15, a. 370-358 a. C. (cfr. s. p. 123), ma conviene interamente a quanto si narra intorno alla punizione data ai Veliterni nel 338 a. C , dopo le proposte che si dicono fatte da L. Furio Camillo, Liv. Vili, 13 sq. II fatto che questi, secondo la tradizione, esternò miti consigli rispetto ai vinti, non contrasta con ciò che si afferma poi intorno alla sorte dei Veliterni, che sarebbero stati puniti dell'essersi tante volte ribellati sebbene fossero coloni romani. Nel fatto però i Veliterni anziché coloni erano vecchi nemici di Roma, v. s. p. 114, n. 1.
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (242/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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