Storia di Roma di Ettore Pais
IL COLLE DI GIOVE CAPITOLINO E L'EGEMONIA ROMANA.
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regione esquilina perdettero man mano importanza davanti al nome del colle Capitolino. Si verificò a Roma ciò che era avvenuto e che accadde in seguito anche altrove: i vecchi dei del Settimonzio discesero alla condizione di eroi, ovvero anche di semplici uomini. Semplici mortali divennero nel concetto posteriore le divinità dei colli aggiunti in seguito del Celio, del Oppio, di Cespio fatti compagni di Romolo o di Servio; semplici re diventarono quelle divinità che in origine avevano protetto il Palatino ed il Velia; i loro templi diventarono dimore di principi. (l) Una parte dei Romani finì per ignorare resistenza di codesti antichi culti, e l'essenza e la natura di tali dei divennero oggetto di dubbi e di disputa non solo fra i teologi, ma persino fra i semplici eruditi; i santuari dove avevano avuto culto vennero talora demoliti per cedere posto ad edifici privati. (*) Sorte analoga toccò agli antichi re del Quirinale e del colle Tarpeio; Gaia Cecilia divenne una buona matrona come Tarpeia, la traditrice della rocca; lo stesso fatto si verificò rispetto
(*) V. s. parte I, p. 374 sgg. Lo stesso vale sulle divinità protettrici delle trenta curie che nel concetto posteriore diventarono le trenta donne oratrici di pace fra Romani e Sabini, alle quali però si continuò a rendere onori divini, v. Fest. s. v. novae curiae p. 175 M.
(2) Cosi ad es. Dionisio, I, 31, metteva in dubbio il valore dell'osservazione di Polibio sul culto reso a Pallante, tiglio di Eracle e di Lavinio. Ma questo Fallante non era che il dio del Palatino adorato nel Palatuar, a cui ancora in età storica rendeva omaggio il flamine Palatuale, ricordato anche da Ennio apd Varr. d. 7. L. VII, 45, ossia il dio ndpeSpog di Palatila o Pales, a cui erano sacre le u Parilia Che la natura dei più antichi culti fosse oscura ai Romani dell'età di Varrone risulta da molti passi. Basti, a titolo di esempio, si noti quanto Ovidio, fast. I, 89; VI, 731, dice a proposito degli stessi Iano e Sunimano; su quest'ultimo, cfr. anche Aug. d. c. d. IV, 23: Romani veteres nescio quem Suinmanum, cui nucturna fulmina tribuebant, coluerunt magis quam Iovem, ad quem diuturna fulmina pertinerent, sed postquam Iovi templum insigne ac sublime con-structum est, propter aedis dignitatem sic ad eum multitudo confluxit, ut vix inveniatur qui Summani nomen, quod audire iam non potest, se saltem legisse meminerit „ ; cfr. Plin. XH. II, 138.
Rispetto alla decadenza dei culti più vetusti basterà ricordare il sacrario di Mutino Titino, il Priapo romano, intorno al quale da Festo, s. v. p. 154 M si apprende che: u aris sublatis balnearia sunt [f] acta domus Gn. Cai vinicum mansisset (i. e. Mutini Titini sacellum) ab urbe condita [ad ?>n]ncipatum Augusti [inviolatum reJigioseque] et sancte cultum [filistei]
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (248/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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