Storia di Roma di Ettore Pais

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      critica della dedizione dei campani.
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      stesso in cui sentirono bisogno della spada e del braccio dei più valorosi confratelli della pianura latina, pur contraendo con essi un trattato sulla base di perfetta eguaglianza. I varii dati degli autori, ove vengano esaminati con indipendenza di giudizio, e particolarmente le notizie che ci sono conservate sulla condizione di Capua al tempo di Pirro e poi di Annibale, non lascianoin nessun modo accordare con i dati della tradizione intorno al 343 a. C. e con la supposizione dei critici moderni sulla presenza di prefecti romani a Capua. Questo racconto mostra il magistrato supremo, il senato e i comizi legislativi di Capua pienamente autonomi ed esclude anzi la presenza ed il controllo di tali magistrati romani, tanto più che i Capuani, sin dopo la sconfitta di Canne, non sono ribelli ma soci di Roma. Liv. XX11I, 5. In breve in Livio sono fuse due relazioni fra loro opposte: una di esse presuppone i Campani deditici sino dal 343; l'altra nel 217 a. C. li fa ancora semindipendenti, e la piena deditio pone nel 211 a. C. Dai dati di Livio, XXVI, 33, 10; cfr. 5, 9, si ricava che prima del 216 molti Campani avevano la cittadinanza romana; ma risulta pure che questa non era stata accordata a tutti; e ciò è confermato da quanto, XXIII, 31, si racconta rispetto ai cavalieri Campani ai quali nel 215 fu accordata.
      Non è improbabile che di un mutamento sostanziale di condizione giuridica le cause e il tempo vadano cercate nella guerra contro Pirro. Che Pirro non soltanto abbia aspirato ad insignorirsi di Capua e di Neapolis, Zonar. VIII, 4, ma che abbia avuto i quartieri di inverno nelle città della Campania è espressamente affermato, App. Samni. 10, 3. D'altra parte il fatto che i Romani partito Pirro e ripresa Regio in assedio uccisero sino all'ultimo tutti i quattromila soldati della legione campana (Polyb. I, 7, 12; Liv. ep. XV; Dion. IIal. XX, fr. 16; Oros. IV, 3, 5) fa chiaramente capire che Roma, signora ormai della Penisola, non più timorosa dei Sanniti, colse l'occasione per scemare i vantaggi che aveva concesso ai suoi vecchi alleati. Ai medesimi risultati cronologici veniamo tosto esaminando la storia della moneta romana (v. p. 234, li. 1), e discorrendo dei Ceriti (v. oltre in questo capitolo).
      La notizia di Valerio Massimo, II,<7, 15, che il tribuno M. Fulvio avrebbe allora protestato: u ne in cives Romanos adversus morelli maiorem animadver-teret (cioè il senato), non è più garantita della u deditio r dei Campani riferita da Livio per il 343 a. C. Che tale notizia rispetto ai u cives Romani „ sia l'eco di redazioni recenti prova il fatto che non si poteva parlare nel 271 a. C. di u mos maiorum „ limitante l'imperimi) militare rispetto ai soldati colpevoli di ribellione, quando la stessa tradizione meno inesatta riferisce solo al 300 a. C. la legge la quale non impediva ma biasimava il magistrato che non rispettasse Ja 44 provocatio „ ai tribuni del cittadino che per ordine del magistrato doveva perire colpito dalle verghe e dalla scure, Liv. X, 9, 5, cos'i come si procedette verso i Regini. La legge che impedì tale uccisione fu fatta approvare, per la prima volta come è noto, da un Porcio nel secolo 11 a. C. La notizia di Valerio


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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