Storia di Roma di Ettore Pais
238 cap. vii. - dall' intervento romano nella campania etc.
ai Campani venne dato verso il 343 a. C.;(l) cosi si afferma che dopo soli tre anni dalla piena dedizione fatta ai Romani quelli si sarebbero ribellati combattendo a fianco dei Latini. La tradizione nazionale che in età storiche non parla dei Campani se non per mettere in rilievo il loro orgoglio, (2) e che della superbia campana verso i Romani fa di già menzione a proposito della falsa ambasceria del 411 a. C., (*) rispetto alla dedizione del 343 a. C. fìnge un fatto analogo a quello con cui asserisce che sino dal 272 Taranto, fatta dedizione, consegnò le armi a Roma, abbattè le mura e pagò i tributi. C) E certo invece che sino al 212, in cui fu presa da Annibale, ed al 210 in cui ricadde in potere dei Romani, Taranto rimase nella categoria delle federate. (5) E federata, sebbene con condizioni ormai molto meno vantaggiose, essa restò sino alla guerra sociale. (6) Simili falsificazioni non sono isolate; esse si fingono anche a proposito degli Apuli di Canusium e di Teanum, con i quali Roma durante il IV secolo mantenne invece rapporti di alleanza. (7)
(1) Si leggano ad es. le pagine, dal lato stilistico meravigliose, di Cicerone, de lege agr. II, 34, 92; cfr. Liv. IX, 6, G, ad a. 321 a. C.
(2) Liv. IV, 52, 6 ad a. 411 a. C.: u superbe ab Sannitibus, qui Capuani habebant Cumasque, legati prohibiti commercio sunt „.
(3) Liv. XXXI, 29; 1, 11 ad a. 200 a. C.
(4) Zonar. VIII, 6.
(5) Ciò mette in giusto rilievo il Niese, ue\V Hermes, XXVI (1896), p. 504 sgg.
(6) Da Cic. prò Ardi. 3, 5t si ricava che i Tarantini, in fondo, erano ancora sulla stessa linea dei federati come i Napoletani e gli Eraclensi, sebbene sia certo che questi ultimi si trovassero in una condizione superiore, Liv. XLIV, 16; clr. Belocii, der italische Band, p. 63.
(7) Livio, IX, 20, 4 sq., seguendo senza accorgersene due versioni fra loro opposte dice che nel 318: u ex Apulia Teanenses Canusinique populationibus fessi obsidibus L. Plautio consoli datis in deditionem venerunt, „ e immediatamente dopo dice: tt inclinatis semel in Apulia rebus Teates quoque Apuli ad novos consules C. Iuninm Bubulcum Q. Aemilium Barbulam foedus petituni venerunt pacis per omnem Apuliae praestandae popnlo Romano auctores . id audacter spoudendo impetravere ut foedus daretnr, neque ut aequo tamen foedere, sed ut in dicione populi Romani essent Ala è strano che, solo sette anni dopo aver messo piede nell'Apulia, v. Liv. VIII, 25, i Romani avessero fatte condizioni così dure alle precipue città, che essi stessi credevano capaci di serbare loro fedele tutta quella ricca regione, citta che' ad ogni modo occorreva mantenersi amiche contro i Sanniti, cfr. Liv. IX, 13, 6.
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (285/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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