Storia di Roma di Ettore Pais

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      262 cap. vii. - dall'intervento romano nella campania etc.
      Ma per quanto ampie e notevoli siano le perturbazioni storiche e cronologiche sin qui notate, ancor più estese e degne di esame sono quelle relative alla sollevazione militare o civile del 342 a. C.
      sostituzione alla persona votata, che non avesse trovato la morte in battaglia, risponde pure alle pratiche posteriori assai difFuse intorno agli u incantamenta Cosi è naturale che sul terreno u ubi illud signum „ era 44 defossum „ i magistrati romani non potessero u escendere „ (dato il carattere sacro del magistrato, soprattutto per il tempo più arcaico) perchè quel terreno essendo consacratoagli Dei Maui, era religioso, Liv. Vili, 9, 9; cfr. Gai. II, 4. Abbiamo l'applicazione di un principio identico a quello per cui, ad esempio al Flamine Diale era stabilito: u locum in quo bustum est numquam ingreditur: mortuum numquam attingit. „ Fab. Pict. apd Gell. X, 15, 22.
      Non so se sia mai stato notato che Eitforione di Calcide apd Athen. p. 154 C, nei suoi ricordi storici affermava: zapi 6à xoig Tcopatois Ttpoxtfrsa&ca rcévxe pvag xoìg ÒTCopévscv pouXopévotg xyjv xs^aXvjv à7t07t07ty;vsa TteXsxs'., aiois xoì>£ xXTjpovópou:; xoptaaafrai xò afrXov . xai TtoXXaxig àrcoypacfopsvQDS tzXbto'jc:, SixatoXoyslafrou xa^ 5 S'.xaióxaxós saxiv gxaaxog aòxòg a^oxopzavia^yjvai. Queste parole di uno scrittore nato Panno stesso in cui Pirro fu vinto a Benevento e che fu bibliotecario di Antioco, il nemico dei Romani, parrebbero interamente incomprensibili ove non fossero riferite alla gara di quelli fra i gregari che si offrivano in olocausto. Esse presentano una redazione realistica della devotio „ romana, non ispirata forse a sentimenti favorevoli ina piuttosto di meraviglia, di quella meraviglia che destavano in Posidonio apd Athen. ib., i costumi analoghi dei Galli.
      Se poi la cifra di cinque mine (= 500 dramme) rispondente a cinquecento denari (cfr. Hultsch, griech. roem. Metrol. 2a ediz. p. 252) ossia a cinquemila assi (cfr. Plin. XH. XXXIII, 45: u in militari tamen stipeudio semper denarius prò decem assibus datus est.) „ sia esatta, o se invece vada corretta con un numero assai superiore (considerando i premi dati ai servi, nel III secolo, 10 mila assia. 210, Liv. XXVII, 3, 6; 25 mila assi ad a. 198, Liv. XXXII, 26, 14) e soprattutto tenendo presente che V uomo libero era * pretiosissimus „ (v. Gai. IV, 14, dove parla delle XII tavole = tab. II, 1 Br.) e se quindi in luogo di tupoxi-^saftai Ttsvxe (é) pvag vada ad esempio corretto TipGxcftsaftai té pvsc; ovvero xs potrebbe essere oggetto di speciale discussione.
      Che ad ogni modo nel racconto liviano vi siano tratti di recente elaborazione letteraria, appare credo da ciò che nella formula della * devotio „ che si dice pronunciata da Decio, oltre agli dei romani lano, Giove, Marte, Quirino si ricordano gli u dei Novensiles, „ ossia gli dei nuovi e forestieri opposti agli u indigetes „ quivi pur rammentati. Ora, può esser materia di disputa se nel 340 un console romano invocasse divinità le quali non appartenessero allo stretto cerchio delle divinità nazionali. Ciò pare poi tanto più strano in un luogo in cui Livio, Vili, 11, 1, dichiara di raccontare tale episodio come protesta contro Pinvasione dei nuovi culti peregrini, che facevano andare in dimenticanza Pan-


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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