Storia di Roma di Ettore Pais
CRITICA DEI PLEBISCITI GENUCÌ.
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plebisciti del tribuno Genucio, il quale in quell'anno, oltre all'abolizione totale dell'usura, avrebbe ottenuto che non si potesse più coprire la medesima magistratura, ove non fosse decorso un decennio, e che ambedue i consoli potessero essere scelti fra i plebei.
praeco, „ vi sia un accenno a Marcio console del 281, che erroneamente si suppone poi proconsole nel 280 nella guerra contro Taranto. Questa notizia, come faccio valere un poco oltre, non pare aver nessuna relazione con i Marci, e riferirsi invece ad L. Emilio Marneremo, il console nel 329. Così non abbiamo modo di stabilire chi sia quello storico Marcio che dette origine al pseudo edile Marcio, che nel V secolo avrebbe dato il grano alla plebe ad un asse il moggio, Plin. XH. XVIII, 5. Fra i vari Marcì del lì e del I secolo a. C. d'indole popolare abbiamo il ben noto L. Marcio Filippo, il console del 91 a. C., il tribuno del 104, il ben noto nemico di Livio Druso, Ascon. in Cornei. p. 6 K, che presentò una * lex agraria „ che Cicerone, de off\ li, 21, 73, dal suo consueto punto di vista, giudicava perniciosa. Allorché propose tale legge, che egli stesso lasciò cadere, Marcio avrebbe affermato che non v'erano a Roma tt duo milia homi-num qui rem haberent „. Noi sappiamo per molti esempi (basti ricordare i Gracchi ed i Livi Drusi) che certi pubblici contegni e disegni erano ereditari in molte famiglie romane. Ad ogni modo, date le varie inesattezze cronologiche, che abbiamo già notate rispetto alla storia della usura (v. anche s. p. 145) non è fuori di proposito il sospetto che si sia voluto assegnare data assai più antica alle disposizioni prese sul * fenus „ sotto uno o più dei Marc! dei secoli li e I a. C. e ciò per effetto di quelle stesse tendenze per cui all'età dei re o dei decemviri vennero anticipate varie disposizioni legislative, le quali, nel fatto erano, posteriori di qualche secolo all'età immaginaria fissata per esse, v. s. parte I, passim; cfr, oltre al cap. X.
Appiano, b. e. I, 54, parla dell'antica legge romana che vietava l'usura, dove ha argomento di raccontare l'uccisione del pretore Sempronio Asellione per parte dei creditori, cfr. Liv. ep. LXXIV; Val. Max. IX, 7, 4. In questo caso sembra potersi supporre che Sempronio abbia richiamato in vigore la legge sul divieto assoluto, e che Siila nell'anno seguente (88 a. C.) abbia ricondotto le cose ad uno stato normale richiamando in vita la u lex uuciaria de faenore, v intorno al cui contenuto possediamo un'assai frammentaria indicazione in Festo, p. 375 M, s. v. unciaria lex. Ma sebbene egli dica che tal vópo£ era TiaXaióg, non ne viene che vada riferita al tempo delle Xll tavole e nemmeno al IV secolo. Il divario cronologico esistente fra Livio e Tacito, da un lato, l'impossibilità dall'altro che fra il 357 ed il 342 a. C., come vuole la fonte di Livio, si fosse verificato rapidamente il passaggio dalla costituzione dell' tt usura unciaria „ alla abolizione totale di essa, ci induce a pensare che ciò si possa essere compiuto in tempi più recenti e per effetto di leggi radicali non anteriori di molto al ìli secolo, seppure non posteriori.
Una legge vietante l'usura fra i Romani (puntuali quanto altri mai ad esi-
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (324/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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