Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. VII. - DALLIXTERVENTO ROMANO NELLA CAMPANIA ETCLo stesso Livio pare dubitasse che tutto ciò avesse realmente ottenuto la plebe: (*) che sia addirittura falso provano i fasti consolari per l'età posteriore od autentici o meno sospetti, dai quali apprendiamo che solo nel 215 si pensò ad eleggere due consoli plebei, e che, essendo ciò parso contrario agli auspici, si dovette scegliere fra i patrici uno dei due candidati. (2) A tale regola infatti non si derogò prima del 172 a. C. in cui vennero creati i due plebei C. Popilio e P. Elio. (3) L'esame dei fasti consolari ci mostra inoltre che la legge dell'intervallo decennale rispetto ai consoli non fu per nulla approvata nel 342; per testimonianze ricavate dalla stessa tradizione, essa appartiene ad età molto posteriore. (4)
      gere le usure il giorno della scadenza, v. Polyb. XXXII, 13, 10) non ha nulla di strano in se stesso, e può essere messa a fianco di quelle varie leggi sump-tuarie tendenti ad impedire mali cronici ed inevitabili. E forse nell'esistenza di questa legge, parrebbe doversi vedere la spiegazione del fatto che nel * mutuum „ romano (in origine un imprestito gratuito) il restitutore non è obbligato agli interessi se non in seguito ad una separata e distinta stipulazione, sebbene la ragione di ciò possa esclusivamente cercarsi nella rigida distinzione giuridica fra il u certuni „ e l'tf incertum, „ che vengono respettivamente rappresentati dal u mutuum „ e dalle u usuraeRispetto a questa questione non credo del resto vada dimenticato che qualcuna delle più antiche leggi fenebri, anziché con carattere del tutto imperativo potè essere concepita nei termini della lex Valeria de provocatone „ del-Va. 300 a. C. Questa vietava, è vero, l'uccisione dei cittadini, ma al reo di trasgressione, come già rilevavano gli antichi, non comminava sanzione penale: u Valeria lex cum eum, qui provocasset, virgis caedi securique necari vetuisset. si quis adversus ea fecisset, nihil ultra quam improbe factum adiecit, „ Liv. X, 9, 5. La tradizione, dopo tutto, fissa questa legge, verso gli stessi decenni ai quali attribuisce le leggi fenebri e quella sull'abolizione dei a nexi, „ della quale qui oltre parliamo. E v'è più di un punto di contatto fra la legge che mutando il a mos maiorum „ mirava ad impedire al patricio di uccidere il suo cliente plebeo e l'altra che al potere di lui sottraeva il plebeo debitore. La tradizione infatti è costante, ed in ciò nel fondo coglie nel segno, nel rappresentare il patriziato come dedito all'usura.
      (1) Liv. VII, 42, 2: u quae si omnia concessa sunt plebei apparet liaud parvas vires defectionem habuisse
      (2) Liv. XXIII, 31 ; Plut. Marceli. 12.
      (3) Cfr. Fast. Cons. Cap. ad a. 174: u ambo primi de plebe
      (4) Cosi C. Iunio Bubulco e Emilo Barbula consoli nel 317 ricompaiono nel 311 a. C.; L. Papirio Cursore è console nel 320, 319, 315, 313; P. Decio è con-


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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