Storia di Roma di Ettore Pais
INTORNO ALLE ASSEGNAZIONI DELLE TERRE DEI VINTI. 301
Simili conclusioni fornirà in seguito lo studio delle relazioni di Roma con Tibur; diverse non sono quelle a cui conduce l'esameracconto della a dedicio „ è una falsificazione (v. s. p. 229 sgg.); ed in quest'ultimo particolare abbiamo un altro indizio manifesto del fatto che le vicende attribuite ai Campani per il 348-313 sono in buona parte tolte da ciò che avvenne al tempo di Pirro e di Annibale. Solo al III secolo conviene la menzione di 450 denari per ogni singolo cavaliere, dacché verso il 340 Roma cominciò a battere monete di bronzo e solo nel 269 o nel 268 cominciò la monetazione dei denari di argento.
Non occorre quindi mostrare il niun valore dell'ipotesi di quei numismatici i quali cercarono spiegare il passo liviano con la confusione tra lo statere campano e il denaro romano. È opportuno invece far rilevare che questa somma male conviene all'età di cui qui discorriamo, e presuppone invece le condizioni economiche di tempi assai posteriori. Ove dovessimo valerci, come è naturale, di termine di confronto delle notizie che abbiamo rispetto ai cavalieri romani, avremmo che lo stipendio dei cavalieri romani al tempo di Polibio, VI, 89, 12, era di una dramma al giorno, ossia, secondo il modo di computare di Polibio, come in generale di scrittori anche posteriori, v. Hultsch, griech. u. roem. Metrologie, 2a ed. p. 149; 271, di un denaro. La mancanza di notizie al riguardo fra il tempo di Polibio e quello di Cesare, che avrebbe duplicato lo stipendio alle legioni, Suet. Caes. 26; cfr. Marquardt, roem. Staatsvencaltung, II2, p. 95 sgg., non ci concede una soluzione definitiva di questo argomento. Nel passo liviano abbiamo ad ogni modo la ripetizione di quel fenomeno che già trovammo a proposito del censimento di Servio Tullio per il quale si presuppongono del pari le condizioni finanziarie del tempo di Annibale.
Dopo la presa di Capua nel 211 a. C. il terreno campano fu confiscato e dato in affitto, e rispetto ai 300 cavalieri campani che al tempo della defezione di quella città erano rimasti fedeli ed avevano militato in Sicilia, sino dal 215 a. C. si stabilì: 11 ut cives Romani essent, item uti municipes Cumani essent pridie, quam populus Campanus a populo Romano defecisset, „ Liv. XXIII, 31, 10. Poiché nel passo di Livio si parla di 1600 cavalieri e non di soli 300 e d'altro canto non siamo informati minutamente intorno ai vari decreti che i Romani nel 211 a. C. si fecero verso le varie famiglie campane, v. Liv. XXVI, 34, 2, non abbiamo modo di stabilire se ciò che si racconta per il 340 sia una semplice anticipazione di quanto avvenne fra il 215 ed il 211 a. C., ovvero se il decreto del 340 sia stato parzialmente travisato con particolari tolti ai fatti del III secolo.
Ad ogni modo, mentre è assurdo pensare che nel 340, proprio quando incominciò la monetazione nazionale del bronzo, Roma pagasse ai cavalieri campani u l'aes hordearium „ con denari di argento, non è inconcepibile che sul prodotto dell' u ager Campanus, „ il quale venne in massa confiscato e dato in locazione, venisse prelevata una somma in denari da darsi a quelli fra i Campani che erano rimasti fedeli; ossia a gente la cui abilità nella cavalleria si era più volte dimostrata superiore alla romana anche durante l'assedio del 211 a. C.
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (348/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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