Storia di Roma di Ettore Pais
35-4 CAP. VII. - DALL'INTERVENTO ROMANO NELLA CAMPANIA ETC.
terionnente elaborati da scrittori d'indole demagogica del genere diLicinio Macro, o furono accolti da altri autori, come Claudio Quadri-
gario od Elio Tuberone. (*) Ma se non abbiamo modo di formulare,
con probabilità di risultati seri e durevoli, i nomi dei singoli
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autori di codesta quasi-storia, in compenso siamo in grado di constatare certe determinate tendenze politiche. Vedemmo come tendenze aristocratiche mirassero ad attribuire al patriciato romano la salvezza dei soci Campani, od anche le concessioni delle grandi riforme politiche e sociali, che sono rammentate per il IV secolo. Con maggior frequenza è lecito osservare le tendenze opposte, sia che si parli di codeste riforme sociali, sia che si accenni ad impreseV
esterne, ad esempio alla conquista della Campania. E infatti evidente che la distribuzione del fertile agro Campano e Stellate, che per tutto il II secolo, sino all'età di Cesare, costituì una parte cospicua del programma radicale, ebbe pur parte notevole nella intonazione con cui, a seconda delle varie fonti, fu riferita la rivoluzione militare del 342 a. C. (2)
Mamercinus praetor fin luogo di Marcius praeco) primum proletarios armavit Sullo scambio di un Marcius con un Mamercinus determinato da una forma: Marcius, non credo dover insistere; noto invece che i consoli continuarono ad essere detti u praetores „ molto tempo dopo il 329 a. C. Su ciò e sui proconsolati di questo tempo v. oltre al cap. IX.
(1) Su Claudio Quadrigario a proposito degli Apuli di Luceria, v. s. p. 303. Su Elio Tuberone e Calpurnio Pisone v. s. p. 313; cfr. al cap. sg.
Intorno all'intonazione con cui Licinio Macro (che anche in seguito, e non solo per la prima decade, come generalmente si pensa, troveremo tra le fonti precipue di Livio) narrava la storia delle vittorie plebee, porge a noi una preziosa indicazione il frammento dell'orazione di lui conservata da Sallustio apd Donat. ad Ter. Phorm. I, 1, 11 = fr. Ili, 48 Maur.
(2) Le parole che Livio, VII, 38, 6, fa dire ai soldati ribelli, che dopo la prima spedizione in codesta regione nel 343 a. C. svernavano nella Campania: u cur autem potius Campani agrum Italiae uberrimnm, dignam agro nrbem qui nec se nec sua tatari possent, quam victor exercitus haberet?... an aequum, esse, dedi-ticios suos illa fertilitate atque amoenitate perfrni, se militando fessos in pestilenti atque arido circam urbem solo luctari, aut in urbe insidentem tabem crescentis in dies fenoris pati? „ vanno confrontate con quelle di Cicerone, de lege agr. II, 35, 96, allorché nel 63 a. C. combattendo la colonizzazione di Capua osservava: tf Romani in montibns positam et convallibus, cenaculis (cuniculis?; cfr. Dion. Hal. XVI, 6, 2) sublatam atque suspensam, non optimis viis, angu-
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (411/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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