Storia di Roma di Ettore Pais

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      35-4 CAP. VII. - DALL'INTERVENTO ROMANO NELLA CAMPANIA ETC.
      imitazione. Se per tempi molto più recenti osserviamo che le azioni di personaggi storici vennero raccontate in modo da contrapporle a quelle di celebri personaggi dell'Eliade, non v'è ragione di stupirci che il duello di Manlio punito dal padre ricordi quello dello spartano Isada, ovvero quello che si attribuiva al figlio di Epaminonda.
      L'imitazione di miti e di aneddoti greci non è però l'unico elemento fantastico che valse ad ornare le vicende del IV secolo. Accanto ad esso, rileviamo la presenza di un altro, di origine nazionale. Che anche rispetto al tempo di cui ci occupiamo, le sacre leggende dei templi romani abbiano fornito materia a pseudi racconti storici è infatti dimostrato da quanto è riferito intorno ad Annio Setino, il pretore Latino, il quale avrebbe richiesto che, d'allora in poi (340 a. C.), uno dei due consoli e metà dei senatori fossero scelti fra i confederati latini. Essendo caduto, nello scendere con l'animo irato le scale del tempio di Giove Ottimo Massimo, Annio si sarebbe ferito al capo. Ed a seconda delle diverse narrazioni, si parlava o si taceva del tuono e della procella con cui Giove avrebbe testimoniato la rottura dei patti, che sotto il suo nome avevano già avvinto i Latini a Roma; a seconda dei casi si diceva che Annio fosse rimasto sopito per la ferita ovvero fosse addirittura spirato. (2)
      (*) Ael. VII. VI, 3; [Plut.] parali, min., 12; cfr. s. p. 173, u. 2. Sull'incerto carattere storico di Mecio Tuscolano, di colui che sfida Manlio Torquato v. s. p. 327. Intorno ad imitazione delle gesta greche pei fatti relativi al I secolo a. C. v. s. parte I, p. 109, n. 1.
      (2) Liv. Vili, 6, 2: cuni commotus ira se a vestibulo templi citato gradu proriperet, lapsus per gradus capite graviter offenso inpactus imo ita est saxo, ut sopiretur„. Livio aggiunge tosto : a exaninatuni auctores quoniam non omnes sunt, milii quoque in incerto relictum sit, sicut inter foederum ruptorum testa-tionem ingenti fragore caeli procellam effusam ; nani et vera esse et apte ad repraesentandam irai» deum ficta possunt „. Se codesti ornamenti traessero origine dalla fantasia poetica di un Ennio o di un Accio, o fossero invece frutto della malsana elaborazione letteraria di un tardo annalista, non abbiamo più modo di stabilire v. s. p. 362, n. 1. Le parole di Livio non escludono codesta ultima ipotesi. Si può tuttavia notare che, a seconda dei fini del carattere e dell'età dei vari annalisti, la storia di Annio potè essere esposta con tendenze sacre (la storia dei ludi circensi v. nota sg.) ovvero politiche (la richiesta del console e dei senatori Latini), allo stesso modo che con fini patrici, ovvero plebei, codesta leggenda fu localizzata nel Circo Massimo o nel Flaminio, v. s. p. 178, n. 2, s. p, 180.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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