Storia di Roma di Ettore Pais
la censura di appio claudio cieco.
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sin allora privati, e con questi provvedimenti erano connessi due racconti. Uno si riferiva ai tibicini. Essendo stato vietato a costoro di cibarsi nel tempio di Giove, se ne andarono in massa a Tibur, d'onde con uno stratagemma vennero ricondotti a Roma. (L) II secondo si narrava a proposito del culto di Ercole, che sino allora era stato privato e proprio della gente dei Potizì, la quale lasciatasi corrompere per denaro da Appio, l'avrebbe insegnato ai pubblici servi. La divinità avrebbe punito i Potizì: di dodici famiglie che erano, entro trenta giorni nessuna sarebbe sopravissuta. (2)
Ma più importante di tutto ciò è la grande riforma del Senato. A differenza dei suoi predecessori, Appio Claudio con la nota censoria non colpi alcuno dei cavalieri e dei senatori. A nessuno di costoro tolse il cavallo o il seggio in senato. Tentò però di trasformare quest'ultima istituzione con il chiamare a far parte di tale consesso persone di assai umile condizione a lui devote, non badando che fossero figli di libertini; ma la sua scelta del Senato non venne approvata. Stando alla fonte di Diodoro gli stessi consoli del 310, in cui Appio Claudio sarebbe stato eletto censore, vi si opposero. Invece, secondo la versione liviana, furono i consoli del 311 a. C. quelli che convocarono solo quei senatori che erano stati scelti dai censori antecedenti. Riuscito vano il tentativo di avere un consesso ligio alle sue volontà, Appio Claudio, se ne rivalse concedendo a qualunque cittadino, anche a quelli di bassi natali, ossia ai figli dei liberti, di inscriversi nella tribù che preferissero; e con tale provvedimento pose l'elezioni ed il foro in mano degli uomini di più umile condizione, naturali avversari della nobiltà patricia e plebea. (8)
(x) Liv. IX, 30, b; cfr. Plut. q. Rom, 55, che il fatto riferisce al tempodei decemviri.
(2) Cic. de domo 52, 134; Liv. IX, 29; Fest. p. 237, s. v. Potitium.; Val. ]\Iax. I, 1, 17; Plut. q. Rom. 60; Macrob. Ili, 6, 13; Serv. ad Aen. Vili, 269 sq.; Auct. de vir. ili. 34, 2.
(3) Secondo Diodoro, XX, 36 ad a. 309 (=310 a. C. varr.) Appio Claudio: xaxéjius òk zac xyjv oóyxXTjxov, oò xoùg sòysveig xai ixpoéxovxag xoìg àgid)(jtaat TipoaYpacpcov jjióvo'jg, r,v sfrog, àXXà izoXXoòg xai xtov àrcs^softépcDv moòg àvs-jjii^sv. Oltracciò sSobxs os zolg TtoXfxaig xat xyjv sgoua(av ònou Ttpoatpoivxo aaa&ou. Essendosi con ciò resi nemici gli èfti^avéaxaxot, e per premunirsi contro
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (500/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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