Storia di Roma di Ettore Pais

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      cap. vili. - dalla resa di napoli all interv. di pirro.
      Sotto la sua censura, il tribuno della plebe Decio fece approvare una legge relativa alla creazione dei duumviri navali, ed i tribuni L. Atilio e C. Marcio furono autori di quella per cui, a detrimento dell'autorità dei dittatori e dei consoli, venne riconosciuto nel popolo il diritto di nominare sedici dei tribuni militari. (*) Con codestegli sòysvsis, si mostrò clemente nella censura, sia verso i cavalieri che verso i senatori. Ma i consoli, non tenendo conto dell'opera sua, per gratificarsi gli èrctcpavéaxaxoi convocarono il senato secondo l'ordine fissato dai censori precedenti. Quest'ultimo particolare si trova in Livio, IX, 30, 1: itaque consules qui e uni annuiti secuti sunt, C. Iunius Bubulcus tertium et Q. Aemilius Barbuta iterum (311 a. C.), initio anni questi apud populum deformatimi ordinem prava lectione senatus, qua potiores aliquot lectis praeteriti essent, negaverunt eam lectionem se, quae sine recti pravique discrimine ad gratiam ac libidinem facta esset, observaturos et senatum extemplo citaverunt eo ordine, qui ante censores App. Claudium et C. Plautium fuerat Considerando che Diodoro fissa al 310 a. C. la censura di Appio Claudio, e che Diodoro, come Livio, ricorda per il 311 i consoli Emilio ed Iunio, da chi la cronologia diodorea reputasse meno imperfetta, dovrebbe dubitarsi che Livio avesse trovato nella sua fonte il nome dei consoli che cita; ma la cronologia liviana concorda in ciò con i Fasti Consolari Capitolini, e ciò esclude un tale dubbio. Sul valore della cronologia diodorea diciamo a suo luogo.
      Livio, IX, 46, 11 poco dopo, ad a. 304 a. C. dice di Claudio: u qui senatum primus libertinorum fìliis lectis inqninaverat „ ed aggiunge: u et postea-quam eam lectionem nemo ratam habuit, nec in curia adeptus erat, quas petierat opes urbanas, liumilibus per omnes tribtis divisis forum et campimi corrupit „. Il confronto di questo passo con le successive parole intorno ai censori del 304, i quali distruggendo l'operato di Appio Claudio confinarono nelle tribù urbane u ommem forensem turbam „ e ciò u ne huinillimorum in manu comitia essent „ Liv. IX, 46, 14, prova che Appio dette facoltà ai libertini di votare in tutte le tribù. Del voto politico accordato otyì ai liberti da un Claudio fa parola Plutarco Popi. 7, e parrebbe doversi pensare che egli accenni al nostro censore; sebbene ciò non sia del tutto certo. Dalla tradizione comune Plutarco, Pomp. 13 extr., tolse il particolare: che quei figli dei liberti che Appio Claudio fece senatori erano rcXoóatot.
      Ài figli dei libertini eletti senatori accennava anche l'imperatore Claudio, allorquando, per scusarsi di aver accordato il laticlavo al figlio di un libertino: 44 et Appium Caecum censorem, generis sui proauctorem, libertinorum filios in senatum adlegisse docuit n. Suet. Claitd. 24; cfr. Tac. ann. XI, 24. Suetonio però, ove dà questa notizia, aggiunge: u ignarus temporibus Appi et deinceps aliquandiu libertinos dictos non ipsos qui manu emitterentur, sed ingenuos ex his procreatos „. L'Auct. de vi)\ (IL 34, 1, di Appio Claudio dice: " libertinos quoque in senatu legit Sul valore di queste affermazioni v, oltre.
      (*) Liv. IX, 30, 3.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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