Storia di Roma di Ettore Pais

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      la presa di napoli e l'annalistica.
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      di Publilio Filone, notizie che sono strettamente collegate con il dubbio racconto di quelle interne vicende che avemmo già occasione di esaminare e che rispecchiano condizioni storiche di età assai posteriore. (x)
      La congettura di chi, prima di ex Lucanis „ pone u Potentiam, „ non regge dacché non è escluso che Potentia nella Lucania, al pari di quella nel Piceno, fosse una città romana; sebbene possa pensarsi fosse di origine lucana così come è bruzzio il nome di Consentia. In luogo di * ac Terinam „ restituito dal Sigonio, il Mediceo ha * acreutinam altri codici danno acerinam; u ac erinam „ porgono le edizioni antichissime. Ma di una citta detta Acrentina manca notizia, e su ciò, che tutto fa credere essere errore di testi, si basa l'opinione di studiosi calabresi rimessa a nuovo dal Lenormant, la grande Grece} I, p. 445, il quale fissa nella valle del Mncone, presso il moderno Acri, il luogo in cui Alessandro morì. Questa opinione è accolta anche dall'Head, hist. mini. p. 89 sg.; però le conclusioni del Lenormant sono arbitrarie. La Pandosia presso la quale Alessandro trovò la morte, come risulta in modo irrefutabile da Strabone, VI, p. 256 C, e da Livio, VIII, 24, 15; cfr. Iust. XII, 2, 14, si trovava presso Consentia. Pandosia come apprendiamo da Strabone, la cui asserzione trova conferma nella bella moneta che tal città mostra in relazione con Crotone, era la reggia dei re enotrì. Essa ebbe pertanto quella importanza che più tardi toccò a Consentia; cfr. anche Lucil. apd Cic. de fin. I, 3, 7 (quale rapporto vi può essere fra il significato dei nomi di Pandosia e Consentia, ossia dell'antica e della più recente metropoli di codesta regione?) Non v'è quindi motivo per non cercare nella immediata vicinanza di Cosenza la riviera d'Acheronte, il cui nome sarebbe stato di cattivo augurio ad Alessandro, così come si dice che lo fosse ad Ezzelino quello di Cassano dove perì.
      (!) Le parole di Livio, Vili, 24, 18: u haec de Alexandri Epirensis tristi eventu, quamquam Romano bello fortuna euin abstinuit, tamen, quia, in Italia bella gessit, paucis dixisse satis sit „ vanno messe in rapporto con quelle con cui altrove, ad es. XXXIII, 20, 13; XXXV, 40, 11; XLI, 25, 8, evita o si scusa di dover narrare con diffusione gesta compiute in paesi greci. Tuttavia tali parole rispetto ad Alessandro di Epiro male si conciliano con l'abbondante sua narrazione sulla morte di questo re. E evidente che Livio nelle sue fonti trovò ampiamente narrato un racconto che per conto suo non sarebbe andato a rintracciare (cfr. s. parte I, p. 84). Con codesto fenomeno stanno in relazione tanto i racconti di Livio e di Dionisio sulle trattative dei Tarantini con i Napoletani, come il diffuso 14 excursus „ liviano sulla Fortuna del popolo romano a proposito delle gesta di Alessandro Magno le quali i Greci, certo assai prima di Polibio, solevano paragonare con quelle dei Romani, Liv. IX, 17-19.
      Le parole invece con cui, Livio, VILI, 22, 8, caratterizza la risposta dei Paleopolitani: " cum relatum esset a Graecis, gente lingua magis strenua quam factis, ferox responsum „ convengono in tutto e per tutto ad una fonte romana. Anche per il 192 a. C., ove riferisce i discorsi che ad Egio nelTAcaia, alla pie-


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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