Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. Vili. - DALLA RESA DI NAPOLI ALL'lNTERV. DI PIRRO.
      diamo sul reale carattere delle relazioni, che correvano fra i Campani ed i Romani nell'età più antica, non ci permettono recare un giudizio sicuro sul valore di questa versione, la quale del resto, a primo aspetto, parrebbe innestarsi su di un fondo storico. È infatti assai probabile che prima del 314 all'aristocrazia Campana venisse concesso di conseguire gli onori a Roma, nel modo stesso che vediamo esserlo stato lecito a Fulvio Tuscolano, il console del 322 a. C., così come si dice esserlo stato ad Ànicio di Preneste, Tedile curule del 304, il quale pochi anni prima, al pari di Fulvio, era stato nemico di Roma. (x) Ad accogliere ciecamente questo rac-
      i1) Da quanto Livio, XXXI, 31, 10, dice in un discorso del 200 a. C. rispetto ai Campani: a ipsos foedere primuni, deinde conubio atque cognationibus, postremo civitate nobis coniuuxissemus „ (v. s. a p. 230, n. 1, la discussione su questo passo), come da ciò che si narra per il 216, ossia che Pacuvio Calavio autore della ribellione campana, avrebbe avuto in sposa la figlia di Appio Claudio, Liv. XXIII, 2, ed una figlia sua avrebbe alla sua volta dato in moglie a M. Livio, si ricava che fra le primarie famiglie della nobiltà romana e campana da tempi più antichi vi dovettero essere relazioni di connubio, del genere di quelle per cui il ricco Otacilio di Maleventum dette sua figlia ad un Fabio, Fest. p. 170 M, s. v. Numerius. Esse dovettero anzi esercitare la loro efficacia anche allorquando distrutto lo Stato di Capua, alle varie famiglie si attribuì trattamento diverso (tt Campanis in familias singulas decreta facta cet. „ Liv. XXVI, 34, 2). Con codeste relazioni anteriori si spiega che nel 188 i Campani chiesero ed ottennero: * ut sibi cives Romanas ducere uxores liceret, et si qui prius duxissent ut habere eas, et nati ante eam dieni uii iusti sibi liberi heredesque essent, „ Liv. XXXYI1I, 36, 5. Ciò, non meno che il fatto che nel Tanno precedente fu stabilito che i Campani dovessero essere censiti a Roma, cfr. XXXVIII, 28, 4, e che nel 210 un servo dei Calavi scopri che i Campani avevano fatto attaccare fuoco a Roma, Liv. XXVI, 27, dà motivo di sospettare che una parte dei Campani fosse stata trasferita a Roma, allo stesso modo che (lasciando da parte i Latini che si dicevano ivi trasportati dall'età dei re), in Roma venne data sede a quelli di Amelia o di Camelia, Val. Max. VI, 5, 11, a quelli di Tusculo e di Anagni (v. s. p. 342, n. 2; 3G9, n. 1; cfr. in qualche modo anche Paul, ep. Fest. p. 91 M = p. 64 Th. d. P. s. v. Fregellae : locus in urbe in quo civitatis eius f hospites habitaverunt). Che se Livio, XXIII, 31, parla dei cavalieri Campani fedeli trasferiti a Capua, da ciò non viene nessun impedimento acchè altri Campani, fedeli od infedeli, fossero collocati a Roma (forse rispetto a Cuma generalizza troppo il Mommsen, ad CIL. X, p. 351). Tanto più che da Livio, XXVI, 34, risulta con tutta certezza, che i Romani badarono a distribuire in quanti più luoghi fosse possibile i cittadini del distrutto Stato di Capua; cfr. s. p. 300, n. 2.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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