Storia di Roma di Ettore Pais

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      cap. vili. - dalla resa di napoli ALL interv. di pirro.
      stiti vi sono incoerenze cronologiche, e che si racconta per il 312 e per il 310 ciò che si torna a ripetere per il 304, ma conferma il sospetto che al celebre censore del 312 sia stato attribuito molto di ciò che venne compiuto in tempi assai posteriori. (*)
      Certo quanto è raccontato intorno alla facoltà accordata ai cittadini anche di umile condizione di inscriversi in qualunque tribù (notizia che è riferita tanto dalla versione di Diodoro quanto da quella accolta da Livio), contiene un dato falso. Ed è pur falsa la
      (* Cfr. Liv. IX, 30, 1: * prava lectione senatns, qua potiores aliquot lectis praeteriti essent Secondo Diodoro, XX, 36, dopo aver fatto la u lectio sena-tus „ in modo che agli e&yevslg ed ai Trpoéy ovxs^ venissero mescolati molti liberti, temendo le conseguenze del suo operato, Appio Claudio in occasione dell'iicTccov 5sxi,jlaa£a non solo tolse a nessuno il cavallo, ma xaià Ss xyjv tcòv o'jvéSpeov xa~aypaJoùvTcov auyy.X^xlx&v sgépaasv cTisp r,v sO-o^ noisiv zolg TLji^tai^. In questa notizia, se non m'inganno, vi sono traccie di due opposte redazioni, che si riferiscono a due diversi anni e racconti. Di ciò la prova, mi pare, porga anche il fatto che Diodoro, l. cper il 310, parla della edilità di Gn. Flavio, la quale Livio (cfr. Plinio, che attinge a Calpurnio Pisone) attribuisce al 304 a. C. L'ulteriore prova di questo disordine appare da ciò che mentre, secondo alcuni, la censura di Appio Claudio avrebbe avuto principio nel 312 (o nel 310 ed avrebbe avuto fine nel 307 (Liv. IX, 34, 26; 42, 3; cfr. Diod. XX, 36), staudo ad altri racconti nel 304 si torna a discorrere delle riforme di Appio Claudio, Liv. IX, 42, 3. Che circa al tempo in cui Àppio Claudio fu censore ed i termini di entrata o di uscita da tal carica ci fosse incertezza, risulta anche dal passo di Livio, IX, 42, 3: tt Appium censorem petisse consulatum, comitiaque eius a L. Furio tribuno plebis interpellata donec se censura abdicarit, in qui-busdam annalibus iuvenio „. Con questa divergenza cronologica, e con il tentativo di accordare le diverse date del fermine della censura di Appio Cieco, si spiega forse il racconto che costui non volle stare ai dettami della legge Emilia sulla durata di diciotto mesi della censura, legge che si finge stabilita nel 434 o nel 410 a. C. per opera del dittatore Manierco Emilio, Liv. IV, 24; cfr. IX, 34, 6. (E poi notevole che il console che avrebbe imposto ad Appio Claudio di rispettare quella legge sarebbe stato daccapo un Emilio). Anziché unirmi pertanto a quei critici che discutono se Appio Cieco sia stato censore nel 312 o nel 310 (v. s. p. 453, n. 3), in tutto ciò scorgo il sintomo di uno dei tanti disordini della cronologia romana, che si rispecchiano anche nella storia dei due consolati e delle due preture di Appio Claudio di cui parliamo.
      Di doppie redazioni di un sol fatto più o meno similmente narrato abbiamo traccie palesi anche in quanto Livio, XLIII, 15, 6; XLY, 15, 8, espone per il 169 ed il 168 rispetto alla censura di Appio Claudio (cfr. su ciò Luebbert, de genti.* Claudiae commento vis domesticis (Kiliae, 1878), p. 19).


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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