Storia di Roma di Ettore Pais
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CAP, Vili. - DALLA RESA DI NAPOLI ALL INTERV. DI PIRRO.
prima della fine del IV secolo siano sorte le quattro tribù urbane di cui discorriamo, sicché Àppio Claudio non parrebbe aver distrutta una condizione di cose che prima forse non esisteva. La tradizione porge un esempio sicuro ed irrefutabile di anticipazione allorché
intervenit, qua sanctum est, ut censores ex oniui ordine optimum quemque curiati t in senatu j legerent, „ non porgono ansa ad alcuna ragionevole ipotesi dal lato cronologico. Tuttavia le parole anteriori, nelle quali è detto che anche prima di questa legge i plebei potevano essere eletti senatori dai a coniunctis-simi, r mostra, se non mi inganno, che la legge Ovinia fu approvata solo dopo la legge Ortensia e che non è quindi il caso di pensare al 312 a. C. La dichiarazione che il plebeo P. Licinio Calvo, il primo tribuno militare con potestà consolare, fosse senatore prima del 400 (Liv. IV, 12, 11), è infatti una pura finzione dei Licinì connessa in altre analoghe che esaminammo già più volte. Possiamo solo affermare che la legge Ovinia fu approvata fra il 286 circa a. C. ed il 216, in cui la troviamo di già in vigore, Liv. XXIII, 23. Le parole u ex omni ordine, „ cfr. per il 216 u ordo ordini praelatns, „ e la disposizione ricordata per quest'ultimo anno, da cui si ricava che potevano essere eletti senatori anche coloro che, pur non essendo stati magistrati, avessero dato saggio di valore, mostrano come la legge Ovinia rappresenti un periodo assai inoltrato nella conquista dei diritti civili e forse* si adatti ad un termine più vicino al 216 che al 286. Anche la u lex Villia annalis, „ la quale era inspirata ad un complesso di concetti analoghi a quella Ovinia (come infatti la prima regolava la nomina dei senatori tenendo conto delle magistrature, la seconda regolava quest'ultime e quindi il modo d'entrata in senato) sorse in età molto recente. Essa venne infatti approvata nel 180, Liv. XL, 44.
Colgo poi l'occasione di notare che è un vieto errore il credere che appartenga all'anno 287 a. C. la * lex Aquilia de damno „. Questa opinione ha per fondamento le dichiarazioni dell'autore della parafrasi attribuita a Teofilo, IV, 3, 15 che la riferisce xaia xòv xaipòv x^g S.aauàascDg toù yvòoLiou Sy;{jlod xa! -fi' o'jyxXYjToi), e dello Scoliasta, ad Bas. LX, 3, 1, p. 363 H, secondo il quale fu approvato allorché: èaias'aoe io r.Xrftog r.oòg zoòg aDyxXyjx.xoùg xaì SiiaiY; cct:'aòxciiv. Ma di codeste sedizioni si parla daccapo per il periodo del 218 a. C. Sall. hist. fr. 1, 11, p. 6 Maur., ed anzi in una di esse i senatori, per sfuggire all'ira della plebe, ripararono nel Campidoglio, Liv. fr. L XX, apd Krueger et Mommsen, nell'Hermes7 IV, p. 371 = fr. 12; W, cfr. s. p. 466, n. 3. Sedizioni di questo genere si ripeterono anzi assai di frequente sino alla fine della repubblica; basti pensare al tempo dei Gracchi e di Apuleio. Ad attribuire alla fine del II secolo od al priucipio del 1 la lex Aquilia de damno „ indurrebbe la circostanza che al tempo di Cicerone furono fatte le formule Aquiliane u de dolo malo „ Cic. de off., Ili, 14, 60. L'occasione ed il modo con cui il pretore Aquilio propose ed introdusse queste nuove formule non ci sono noti (cfr. il materiale apd Bremen, iurispr. antehad. I, p. 115). La circostanza che della
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (599/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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