Storia di Roma di Ettore Pais
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CAP. Vili. - DALLA RESA DI NAPOLI ALL* INTERV. DI PIRRO.
tracciato dell'Àppia, al tempo del Cieco, pervenisse ad un punto meno lontano da Roma. (a)
Riassumendo tutti questi dati, sembra si possa affermare con sufficiente certezza che il racconto della censura di Appio Claudio
(*) Livio, XXII, 15, 11, ad a. 217 a. C., parlando dei provvedimenti di Fabio Cunctator dice che costui aveva mandato Minucio in un punto forte presso Tarra-cina (Lautulae, cfr. VII, 39): u ne ab Sinuessa Poenus Appiae limite pervenire in agrum Romanum posset „. Si suole generalmente interpretare le parole u limes „ nel senso, che può benissimo avere anche qui, di u via „. A me nasce però il dubbio se Livio voglia parlare del confine „ della via Appia, perchè anche oggi il punto a cui Livio accenna, dove si è trovato un milliario della via Appia (CIL. X, n. 6870), si chiama S. Limato, nome che fa pensare ad es. a quello di S. Maria in Fine e di altri simili, che si notano presso Orciano Pisano o presso Arezzo, e che fa ripensare non solo ai culti moderni dei santi protettori delle vie, ma al simile costume degli antichi. Si pensi ai culti di Hermes, di Apollo, di Ercole; rispetto ai Romani, v. Fest p. 229 s. v. propter viain; cfr. s. p. 442, n.
Questo sospetto è corroborato dal fatto che Livio, XXXIX, 44, 7, parlando dei lavori eseguiti durante la censura del 184 a. C. dice che si fece: tt viam per Formiauum montem „. Ora è evidente che questa via venne fatta attraverso la regione che da Fondi va ad Itri ed a Fornii e, ove anche oggi si vedono cospicui avauzi della via Appia. avanzi che non v'è, credo, ragioni di attribuire al 312 a. C. anziché agli ultimi secoli della repubblica. Sulla relativa indipendenza di Capua dai Romani sino al tempo di Annibale o per lo meno di Pirro v. s. p. 229 sgg. A tutto ciò si deve aggiungere che non mancano indizi i quali ci facciano pensare che Neapolis o Capua avessero già costruito per conto proprio la via, che dalle loro città giungeva sino ai confini del * Latium adiectum „. Certo da Napoli e da Pozzuoli/in età greca, partiva la via littoranea detta u Hera-clia od Herculanea „ (Strab. V, p. 245 C; Cic. de leg. agr. II, 145, 36; Prop. IV, 17, 4; Sil. Ital. XII, 156) la quale forse non si limitava a percorrere i soli dintorni di Baie e del lago Lucrino, ma era quella stessa che più tardi fu rifatta da Domiziano, Stat. Silo. IV, 3. Certo i Romani non furono i primi a far ampie strade in Italia, dacché anche gli Etruschi, sino dal IV secolo, avevano una via che congiungeva l'umbra Spina con l'etrusca Pisa, [Scyl.] 17, e fecero argini e lavori stradali sul delta del Po, Plin. NH. Ili, 120 (cfr. le fosse di Filisto ib.) Ma per tornare alla via Appia basti ricordare i tf parochi „ ricordati da Orazio, sat. I, 5, 46, ove discorre del ponte Campano, ossia di quel tratto della via Appia, che da Sinuessa andava a Casilinnm, i quali presuppongono un'organizzazione preromana e greca del pubblico servizio di questa via. Rispetto al tronco meridionale della via Appia che da Benevento andava nell'Apulia, non è inopportuno notare che il culto di Diomede diffuso da Turi e da Taranto, si trova a Benevento ad Aequum Tuticum, ossia nelle regioni percorse da tale via. che era necessariamente quella stessa che aveva già messo in relazioni i Greci dell'Apulia con quelli della Campania; v. quanto noto s. p. 439. n. 1.
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (607/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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