Storia di Roma di Ettore Pais
CRITICA DELLA CENSURA DI APPIO CIECO.
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vita esclusivamente in grazia degli allargamenti e dalle falsificazioni di quegli annalisti, i quali, come Licinio Macro, vissero e scrissero nell'ultimo secolo della repubblica. Nulla esclude che il nucleo di essi si trovasse nelle narrazioni eli qualche più antico annalista vissuto nell'età graccana, che vide od udì parlare delle contese dei Claudi censori nel 169 e nel 136. Qualunque sia del resto il resultato meno improbabile, a cui si possa arrivare rispetto alle fonti di questi racconti, rimane sempre che in buona parte essi furono riferiti solo da recenti annalisti, e che nel complesso rispecchiano condizionidi età posteriore al secolo IV a. C. (*)
(l) Glie le contese fra Claudio, Fabio, Volumnio e Decio non fossero narrate da tutti gli annalisti è detto esplicitamente da Livio, X, 26, 5. II confronto di codeste contese con le narrazioni analoghe per i tempi più antichi, in cui si parla dei Claudi, dei Licini, dei Fabi (v. le stesse parole di Livio, IX, 33, 3, ove implicitamente riconosce questo fatto; cfr. inoltre Liv. II, 56; IV, 6, 48; V, 3, 7) danno naturalmente adito alla supposizione che Livio riproduca fonti recenti e precisamente Licinio Macro e Tuberone, che sono gli autori espressamente citati a proposito di una delle rinunzie di Fabio Rulliano, v. X, 9, 10. A far si che Licinio Macro, a proposito delle gesta del 310-393 a. C., come delle leggi Licinie Sestie, favorisse una versione che glorificava i Fabì, parrebbe aver contribuito quella alleanza di famiglie tra i Fabi ed i Licinì, che è riferita a proposito delle pretese leggi Licinie Sestie. Ma da ciò non riesco a capire come si possa escludere che Licinio Macro abbia solo elaborati ed ampliati tratti, che si trovavano forse in parte negli storici della gente Fabia. Alzì nel racconto che Appio Claudio tentò impedire che un plebeo fosse console, Liv. X, 15; Auct. de vir. ili. 34, 4, come nel discorso di Q. Fabio, che anziché con le stereotipate legioni consolari (le quali convengono al tempo di Pirro e degli anni posteriori) esprime il desiderio di andare alla guerra con soli quattro mila fanti e seicento cavalieri, Liv. X, 25, mi pare di scorgere tratti che abbiano sapore relativamente arcaico. E sebbene Livio, in massima, attinga ad annalisti dell'età sillana, non vedo che cosa trattenga dal pensare che qua e là riproduca elementi tolti, direttamente od indirettamente, da scrittori come Fabio Pittore, alla cui autorità si riferisce a proposito della battaglia di Inbrinio, Vili, 30 (v. s. p. 380, n. 1) e delle gesta dell'anno 294 a. C., X, 37, 14. L'uso di annali differenti è testimoniato da Livio per tutta codesta guerra sannitica, e sarebbe eccessivo supporre che egli si limitasse ad essere l'eco di una polemica od a notare la divergenza fra Licinio Macro, Elio Tuberone e Claudio Quadrigario, dacché contro l'autorità di Licinio e di Tuberone fa valere quella di Calpurnio Pisone, X, 9, 12, e pur glorificando i Fabì accetta parzialmente ima versione, la quale riconosceva i meriti di Appio Claudio e accusava Q. Fabio Rulliano di invidia verso costui, Liv. X, 15, 12. Abbiamo traccie evidenti di contaminazioni di molte redazioni, a seconda
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (610/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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