Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. Vili. - DALLA RESA DI NAPOLI ALL* INTERV. DI PIRRO.
      colo cittadini di stati stranieri vennero ammessi come plebei a coprire le alte cariche cnrnli. (*) Ma se può ammettersi che al tempo di Appio Claudio tal diritto dei plebei, non ostante qualche opposizione, fosse nel fondo riconosciuto, (2J la leggenda, che, sdoppiando il mitico Romolo ed imitando analoghi miti greci, accennava di già all'Aventino, non parrebbe essere stata ufficialmente accolta se non dopo che i plebei occupanti codesto colle non soltanto avevano conseguito in tutto e per tutto la piena eguaglianza civile, ma erano riusciti a trasfondere il convincimento di tal loro diritto nello storico patrizio, che, primo fra i Romani, narrò l'origine dellaCittà. (3)
      Non vi sono ragioni per affermare che verso il 296, anziché
      delle altre versioni di scrittori di età alessandrina, riferite nei passi teste citati, accennano a tradizioni vigenti nel 111 secolo, differenti da quella sui due Gemelli, accolta da Diocle di Pepareto. riprodotta da Fabio Pittore.
      1 Non mi sembra si sia dato peso sufficiente a questo fatto. A noi sono pervenuti i fasti consolari ma non quelli delle minori cariche emuli, che più agevolmente dovevano essere conseguite dai non u Romani di Roma r. Circa la tradizione dell'edilità cimile conseguita per la prima volta fra i plebei da un luvenzio di Tnscolo v. oltre p. 591. n. 2. Fra i consoli di origine forestiera notiamo ad esempio i Tuscolani Fulvi nel 322, i Mainili pur Tuscolani nel 265, gli Otacili di Benevento nel 263.
      Con l'annessione di stranieri alla cittadinanza ed agli onori romani ricou-netterei tanto la pretesa dei Latini o dei Campani di avere per console uno dei loro, come la leggenda che il fondatore di Capua faceva fratello di quello di Roma. Ma di ciò nel volume seguente.
      (-] Liv. X, 15, 8.
      (3) Che il quartiere dell'Aventino, escluso dal pomerio per tutta l'età repubblicana Sen. de brev. cit. 13, 8; Gell. jSA. XIII. 14), sia stato compreso nella linea fortificata del IV secolo le così dette mura serviane), e che quivi facesse capo l'acquedotto Appio è noto, Front, de aq. 5. Se per l'acquedotto Appio, vi furono quelle anticipazioni che sono incontrovertibili rispetto alla via Appia (v. s. p. 558) e che notammo pure intorno all'acqua Marcia, „ che fu attribuita all'età dei re, v. s. parte I, p. 308, non abbiamo, credo, modo di stabilire. Ammettendo che i dati tradizionali (che paiono erronei sulle scaturigini dell'acqua, v. Lanciasi, i commentari di Frontino negli Atti dei Lincei, IV '1880, p. 247), siano esatti circa il luogo di arrivo di essa al Clivo Publicio ed alla porta Trigemina, sarebbe naturale porre in rapporto codesto acquedotto con il contegno di Appio Claudio verso i plebei dell'Aventino. Rimarrebbe però sempre discutibile la data tradizionale del 312, per le ragioni esposte sopra p. 546 sgg.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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