Storia di Roma di Ettore Pais

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      CAP. Vili. - DALLA RESA DI NAPOLI ALL'INTERV. DI PIRRO.
      tenere presente come i più antichi annalisti e poeti, per semplici ragioni di arte o di insegnamento politico, introducessero quelle orazioni e quelle lettere, che più tardi vennero reputate testi autentici porgendo materia ad ulteriori allargamenti del primitivo tessuto. Al caso nostro e per l'età di cui discorriamo valga richiamare soprattutto alla mente le lettere che i consoli romani avrebbero diretto a Pirro e la celebre orazione, che, contro la proposta di pace con quel re, avrebbe pronunciato il vecchio e cieco Appio Claudio. Le prime sono frutto di varie e discordanti falsificazioni; della seconda, anziché il testo antico ed autentico, gli antichi non possedevano altro, per quel che sembra, che la ricostruzione che ne aveva fatta Ennio. Infine gli eruditi antichi, ove tentarono fissare l'età dei monumenti, erano soggetti a cadere in quegli errori a cui talora non sfugge la critica più esperta ed oculata. (*)
      è a dire della stessa origine politica dello Stato dei Campani. Così al tempo di Filippo V, gli Ateniesi credevano pronunciare contro costui quelle medesime formule, che erano già state usate contro i Pisistratidi, Liv. XXXI, 44, 8.
      Ove si amasse credere che i dati di Livio contenessero per questo lato qualche cosa di vero, si potrebbe pensare ad uno storico di origine sabellica ad es. a Gellio?), oppure sarebbe il caso di reputare che le notizie relative ad Ovio Faccio derivavano da uno di quegli storici italioti (ad es. tarantini), alle cui opere attinsero anche i più antichi annalisti romani, ad esempio quando parlavano della resa di Neapolis (v. s. p. 487, n. 1). Se invece si preferisse credere che Livio fornisca anche qui dati falsificati, sarebbe forse il caso di far notare che quanto si dice sull'esercito sannitico raccolto: u lege sacrata „ non era una specialità di codesto popolo, e che non era diffìcile ripetere formole che erano in uso anche fra altri popoli della Penisola, primi i Romani, Liv. IV, 26, 3; VII, 41, 4; (sull'esercito dei Liguri pure formati * lege sacrata „ cfr. Liv. XXXVI, 38).
      Parlando delle pseudo imprese dei mitici Tulio Ostilio e dei pure mitici Tarquini, gli annalisti romani riferivano quelle formule del diritto privato penale o del diritto internazionale, che erano ancora in vigore in età posteriore (v. ad es. Liv. I, 24; 32, sul diritto feciale; I, 26, sul delitto di * perdnellio „ (cfr. Cic. prò Rab. reo, 4, 13 che le attribuisce a Tarquinio il Superbo anziché a Tulio Ostilio); Liv. I, 37, sulla u deditio „. La feroce devastazione che i Romani fecero del Sannio e che era più tardi oggetto di meraviglia per Pirro non impediva del resto in codesta regione si potessero consultare monumenti di questo genere ('si pensi alla tavola di Agnone). Tanto meno sorprende come ad Anagni l'imperatore Aurelio, ad Front. IX, p. 67 N, potesse trovare antichità ben conservate ed anche: * multi libri lintei
      1 Gli errori di Varrone o di Dionisio, ove si assegnano a Romolo ed a


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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