Storia di Roma di Ettore Pais
604 CAP. Vili. - DALLA RESA DI NAPOLI ALL' INTERV. DI PIRRO.
Siamo quindi sempre più indotti a riflettere con quanta prudenza siano da accogliere le notizie degli antichi, dove ci informano intorno alle statue erette sui u rostra, „ in ricordo dei legati, fatti uccidere dal re dei Veienti, ovvero a quelle equestri innalzate per onorare Furio e Menio i vincitori dei Latini (338 a. C.) (*) Lo stessostoditi all'atrio della Libertà e periti in un incendio; per la statua di Clelia cfr. Dion. Hal. V, 35. Di copie di monumenti sostituiti da altri abbiamo esempi nella nota: u lex parieti faciendo „ di Puteoli dell'anno 105, CIL. 1, 577 (= X, 1781), della quale, come rilevò il Mommsen, ad L p. 164, possediamo un esemplare inciso nell'età imperiale, e nell'ara di Narbona riprodotta al tempo degli Antonini, CIL. XII, 4333. Sopratutto per l'età vetustissima delle iscrizioni esposte al pubblico non si possedevano più gli originali. Si comprende come più tardi si sia potuto procedere a falsificazioni analoghe a quelle con cui, in Grecia e poi a Roma, si riprodusse la letteratura oratoria ed epistolare dei più antichi uomini di Stato e di lettere. Stando alla tradizione liviana, fino dal tempo anteriore al 449 vi sarebbero state adulterazioni nei senatocousulti, Liv. Ili, 55, 13. Ma ciò che è presupposto rispetto a Roma per quest'età pressoché mitica, era già preveduto (dunque si era già verificato) nel più antico trattato greco di cui ci sia giunto il testo, (fra gli Elei e gli Erei), CIG. 11. Lo stesso fenomeno di riproduzione dell'antico si verificò anche per i monumenti. Man mano si restaurava la capanna di Romolo, che si faceva risalire al tempo dell'eponimo della Città. Dion. Hal. 1, 79, che sarebbe stata risparmiata (così pare si affermasse) dinante l'incendio gallico, Diod. XIV, 115, ed allo stesso modo gli Ateniesi, sino al tempo di Demetrio Falereo, restauravano man mano la nave sulla quale dicevano fosse tornato Teseo, Plut. TJies. 23.
(*) A proposito delle statue dei quattro ambasciatori, che si dicevano fatti uccidere da Tolnmnio re dei Veienti ffra il 438-418, v. s. p. 2, n. 1), notammo come esse non potessero in ogni caso essere anteriori alla catastrofe gallica equindi al 387 a. C. = 390 a. C. Varr. (v. s. p. 24). 11 nome degli ambasciatori
ci permette forse di fare qualche altro passo e di determinare ancor meglio i dubbi sopra esposti. Codesti personaggi, come apprendiamo da Cicerone, PhiL IX, 2, 4; Liv. IV, 17, e da Plinio, XII. XXXIV, 23, si sarebbero chiamati Tulio, Clelio (Cluvins cdd. Cic.) L. Roscio, Spurio Nauzio (Sp. Antius cdd. Cic. Liv.) C. Fulcinio. A primo aspetto si direbbe che il nome Nautio, dato nei testi di Plinio invece di Sp. Antio, sia il vero. Trattandosi di tempi così vetusti, tutto farebbe credere che in luogo di un Cluvio di gente plebea, ignota ai Fasti consolari, e che solo tardi, non prima del 111 secolo a. C., compare negli annali romani, si parli di un Clelio, ossia di una famiglia patricia assai vetusta. L'arcaico prenome Tulio ci confermerebbe in questa persuasione. Tuttavia, ragioni che esponiamo oltre sul finire di questo capitolo ci consigliano a non respingere su due piedi l'opinione opposta, almeno rispetto al nome di Nauzio od Anzio, ed a riconoscere che la tradizione che sa degli Anzi non si basa su di un semplice errore dei
| |
Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
|
Pagina (651/795)
|
da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
Veienti Furio Menio Latini Libertà Clelia Puteoli Mommsen Narbona Antonini Grecia Roma Stato Liv Roma Elei Erei Romolo Città Diod Ateniesi Demetrio Falereo Teseo Plut Jies Tolnmnio Veienti Varr Cicerone PhiL IX Liv Plinio Tulio Clelio Cluvins Roscio Spurio Nauzio Fulcinio Nautio Plinio Cluvio Fasti Clelio Tulio Nauzio Anzio Dion Hal Stando Ili Man Dion Hal Codesti Cic Cic Liv
|