Storia di Roma di Ettore Pais
strati più vetusti delle tradizioni nazionali.
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superstiti delle guerre sannitiche possa derivare dagli Annali Massimi, anziché da date memorie di famiglia. Quegli stessi personaggi, che ebbero parte più o meno diretta alla compilazione delle pubbliche memorie dello Stato, esercitarono pure una corrispondente attività rispetto alle proprie genealogie. L'osservazione vale tanto per i Papiri quanto per i Fabì, i Cornell ed i Postumi. Acume e finezza di critico non basterebbero invero a stabilire se derivino piuttosto dalle memorie pubbliche, anziché dalle private, o se non furono per caso accolti nelle une come nelle altre, quei racconti che glorificavano la condotta dei Deci " Mures „ a Veseris ed a Sentino, che parlavano del pio contegno dei Papiri, del dono di un * pocillum mulsi „ a Giove, del fatidico canto del corvo apparso durante la battaglia del 293 a. C., o infine dei vari prodigi della battaglia di Sentino e dell'epifania di Marte all'assedio di Turi. (l) Solo in qualche caso speciale, sia che si discorra dei " tibicines „ di Giove ricondotti a Tibur, del culto di Ercole e dei Potizi, ovveroPapiri, la quale vantava alta antichità e si credeva patricia, sebbene nel fatto, confessando di essere fra la 14 gentes minores, „ testimoniasse implicitamente essa stessa le sue origini plebee. La discussione che su ciò fa Cicerone, ad Att. IX, 21, contro quel Papirio Peto, che affermava che non v'erano mai stati Papiri patrici, prova solo che Cicerone seguiva la tradizione già adulterata e diventata connine, e che Peto (qualunque fosse il motivo che lo consigliasse ad affermare cosi e di essere sbugiardatoli delle pretese di quella parte dei suoi omonimi che si dichiarava patricia), si apponeva al vero. (Sulle u minores gentes „ discorro nel voi. di complemento).
Dell' interesse che i Papiri presero alla religione nazionale sino da età vetusta sono prova cospicua le parole di Cicerone, de domo, 49, 127: u video euim esse legem veterem tribuniciam quae vetet iniussu plebis aedis, terram, aram conse-erari, „ che era stata rogata da un Q. Papirio, legge che si suole fissare al 804 a. C., ma che, per la sua stessa essenza, dovrebbe essere assai posteriore alla legge Ogulnia del 300 a. C. (v. s. p. 564, n. 1). Che poi i Papiri abbiano cercato di adulterare per conto loro i fasti risulta da molti fatti. Basti rammentare il pseudo censore Papirio del 430, Cic. d. r. p. II, 35, autore, con il collega Pinario, della riforma sulla legge regolante le multe (su ciò v. oltre p. 665, n. 1), L. Papirio, il pseudo console pel 444, pseudo censore nel 443, Liv. IV, 7 sq.; Dion. Hal. XI, 62. Che i Papiri avessero atteso a comporre simili falsificazioni sino dal II secolo, lascia intravedere la storiella di Papirio a Praetextatus, „ che era già riferita da Catone il vecchio, apd Gell. NA. I, 23; cfr. Macrob. I, 6, 18 sqq.
(l) V. ad es. s. p. 448, n. 1.
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (706/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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