Storia di Roma di Ettore Pais

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      660 CAP. Vili. - DALLA RESA DI NAPOLI ALL'INTERV. DI PIRRO.
      dell'ara della Concordia, e della Pudicizia Plebea, può pensarsi con più sicurezza che si abbiano traccie di notizie di carattere sacerdotale. Abbiamo già sopra esposto il sospetto che la pubblicazione dei Fasti, ossia del calendario, per opera di Gneo Flavio, e che la composizione delle formule giudiziarie attribuite ad Appio Claudio, non stiano in semplice rapporto con la qualità che rimo avrebbe avuto di censore, il secondo di edile curule, oppure con quella di pretore che venne da taluno accordata anche a Gneo Flavio. Abbiamo pure veduto come non mancherebbero al caso argomenti per pensare che Gneo Flavio, anziché uno scrivano per mercede, oppure il segretario di Appio Claudio, fosse stato uno dei pontefici minori. (l) Se da ciò possa derivare che anche Appio Claudio appartenesse al collegio dei pontefici, di fronte al silenzio della tradizione non osiamo affermare; sebbene tutto faccia credere che coloro i quali avrebbero pubblicato quel diritto, che sin allora era a cognizione di codesto sacerdozio, non avrebbero potuto far ciò, ove di tal collegio non avessero fatto parte. Ma anziché indugiare su ipotesi, che allo stato della tradizione non potrebbero aver fondamento abbastanza sicuro, soffermiamoci a constatare come i racconti relativi alle riforme religiose di Claudio, riforme che possono del resto convenire con la sua qualità di censore, erano registrati dagli Annali Massimi compilati dai pontefici. Ciò vale ad esempio rispetto al racconto relativo al culto di Ercole, (2) ed anche rispetto a quello di Giove. Intorno a quest'ultimo si narrava infatti che i censori Appio Claudio e___9
      (*) Y. s. p. 567.
      (2) Non occorrono molte parole per dimostrare che con Taccoglieuza del culto di Eracle fra i 44 sacra pnblica, r fatta al tempo di Appio Cieco, e che con la via Appia che dalla porta Capena (ossia che conduceva a Capua) andava nella Campania (cfr. quanto notammo s. p. 439, n. 1; p. 442; 560, n. 1, sulla via Eraclia della Campania e del mezzogiorno d'Italia), si collegano le notizie del mito di Ercole e Caco localizzato presso la porta Trigemina, e che annalisti romani come Gellio, apd Sol. I, 7 = fr. 7 P, facevano appunto giungere dalla Campania. Negli Annali Massimi parrebbero essere stati accolti i vari miti relativi ad Eracle, a Caco, e ad Evandro. Da questi culti, uno dei meno recenti annalisti romani Acilio?, v. Strab. Y, p. 230 C) traeva motivo a dichiarare che Roma era città di origine greca.


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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