Storia di Roma di Ettore Pais
LE PRIME SCATURIGINI DELLA STORIOGRAFIA NAZIONALE. 0?1
Ma ove anche non si creda che egli abbia dedicato codesti " titilli, „ non v'è motivo di sorta per relegare fra le favole quanto è narrato intorno al suo ordinamento dell'alfabeto latino ed alle formule delle " legis actiones „. (l) Non disponiamo di dati sufficienti per
(l) V. s. parte I, p. 44. I versi di Ennio v. apd Cic. Cut. Mai. 6, 16. Sui titoli posti nel tempio di Bellona si confronti Plin. NIL XXXV, 12, che parla di Appio Claudio, il console del 495, anziché di Appio Cieco, allo stesso modo che Plutarco, q. Rom. 55, riferisce al tempo dei decemviri, la storiella dei tibicini, che Livio rammenta per il 312 a. C., al tempo della censura di Appio Cieco. Dubito quindi colgano nel segno quei critici i quali pensano ad un materiale errore di Plinio, anziché all'esistenza di due distinte redazioni. In Liv. X, 19, 17, nelle parole: u dicitur Appius in medio pugnae discrimine, ita ut inter prima signa manibus ad caelum sublatis conspiceretur, ita precatus esse: Bellona, si hodie nobis victoriam duis ast ego tibi templum voveo, „ non v'è ragione di vedere un dato dell'annalistica del 1 secolo a. G\, anziché un tratto che (derivi esso da Ennio o di qualsiasi altro scrittore), dipenda da fonti un poco più vetuste. (Cfr. l'analogo caso ove si parla del * pocillum mulsi, T dedicato nel 293 da L. Papirio a Giove Vincitore, Liv. X, 42, 7; Plin. NH. XIV, 91). Sull'attività giuridica di Appio v. s. p. 458, n. 2, sulla letteraria, Pomp. apd Dir/. I, 2, 2, 36; MÌ,rc. Cap. Ili, 3, 261.
Naturalmente noi non siamo più in grado di stabilire quali confusioni siano state fatte dagli antichi a questo proposito. Come le opere grammaticali di Ennio il giovane erano attribuite dai più ad Ennio il vecchio (se a ragione o se piuttosto a torto come pensava L. Aurelio Colta, v. Suet. de gramm. 1, non so se si possa decidere;, così non è escluso che l'attività letteraria di qualche Claudio sia stata anticipata o posticipata. Dell'attività religiosa dei Claudi nel campo del diritto augurale siamo esplicitamente informati a proposito di un Claudio del tempo di Cicerone, v. i passi apd Teuffel-Schwabe, Geschichte d. roem. Litt. 5a ed. § 199, 1. Non è però escluso che codesti studi augurali del console del 54 a. C. rappresentassero in parte l'esperienza di famiglia, così come negli archivi di famiglia si conservavano dati relativi ai censi. Ignoriamo del pari in quale rapporto stia ad esempio lo sviluppo del diritto feziale con la fondazione del tempio di Bellona attribuito ad Appio Cieco, cfr. Ovid. fast. VI, 203 sqq. Se quel carme di Appio Claudio, che Cicerone, TuscuL IV, 2, 4, dice di sapore pitagorico, fosse realmente o no opera di costui o falsificazione posteriore, allo stato delle nostre cognizioni non abbiamo modo di affermare piuttosto che di negare. La dichiarazione che questa notizia era contenuta iu una epistola di Pa-nezio diretta a Q. Tuberone farebbe pensare alle analoghe falsificazioni, che andavano sotto il nome del tarantino Aristosseno, fr. 5, in M, FHG. II, p. 273), circa i Romani scolari di Pitagora e su Pitagora cittadino romano. Propenderei ad accordare qualche peso alla dichiarazione ciceroniana, nel senso: che, se anche il carme attribuito ad Appio Claudio fu veramente fattura di età posteriore, esso
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (718/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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