Storia di Roma di Ettore Pais
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CAP. Vili. - DALLA RESA DI NAPOLI ALL* INTERV. DI PIRRO.
tei li, che al pari di essi si valevano delle leggi di Licurgo ed accettavano le dottrine pitagoriche. Tale narrazione, dopo tutto, risponde al fatto abbastanza sicuro che i Peucezì, gli Apulì, i Sanniti, i Lucani, ebbero uomini di Stato, i quali, sia pure in modo assai superficiale, ebbero conoscenza delle dottrine politiche e morali del tardo pitagorismo, che a Taranto erano riconosciute ufficialmente. (*) Ca-
0) Non mi sembra che dai moderni sia stata bene esposta la questione sull'autenticità della notizia di Cicerone, Cat. Mai. 12, 41, intorno al dialogo sulla voluttà tenuto da C. Ponzio, padre del vincitore dei Romani alle Forche Caudine, con Àrdua e Platone: u quem Tarentum venisse L. Camillo Ap. Claudio consulibus reperio, „ dialogo che Catone avrebbe sentito da Nearco Tarantino, il quale tal discorso: " a maioribus natii accepisse dicebat 1 dubbi dei moderni sull'autenticità di queste notizie hanno per base il fatto che Platone giunse per la terza e l'ultima volta a Taranto non dopo il 360 a. C. e non già nel 349, inoltre la poca credibilità che un Sannita potesse prendere parte ad un tal colloquio. Finalmente par naturale pensare che Cicerone, anziché con dati tolti dalle u Origini, „ lavori interamente di fantasia.
Contro queste osservazioni può tuttavia notarsi che se Cicerone riferisce l'anno dal consolato di Appio Claudio e di L. Furio, ciò potrebbe trovar la spiegazione nel fatto che PArpinate, pur riproducendo in massima l'aneddoto di Catone, accolse, qui come altrove, la cronologia volgare di Varrone a cui talora si riferisce (il dialogo ciceroniano in discorso fu scritto il 44 a. C.) D'altra parte la guerra gallica di Camillo nel 349 corrisponde in sostanza a quella medesima che alcuni ponevano al 367 altri al 361 fv. s. p. 114 sgg.) Nè può affermarsi che questo sincronismo sia stato escogitato da Cicerone, e che questi (adattandolo o no ad altro ordinamento dei Fasti) non l'abbia trovato nella sua fonte. In questo dialogo Cicerone non lavora poi costantemente di fantasia, ma, attenendosi a modelli letterari greci, cerca talora riprodurne reali circostanze di fatto. Che Cicerone abbia attinto ampiamente alle u Origini „ di Catone, risulta da quanto egli stesso dichiara in vari luoghi di questo dialogo (ad es. 7, 21; 11, 38; 20, 75) e dal confronto di alcune notizie in esso contenute con ciò che d'altra parte, ad es. dalla biografia plutarchea, appare essere stato affermato dallo stesso Catone (v. ad es. Plut. Cat. Mai. 2).
Non diamo peso di sorta al fatto che il padre di Porzio è detto Gaio da Cicerone, Erennio da Livio, poiché più volte abbiamo notato simili divergenze di prenomi anche rispetto alla storia romana. Osserviamo invece come i Tarantini dicessero che i Sanniti erano loro fratelli, Strab. V, p. 250 C, come gli storici sabini avessero accolto la teoria che erano discendenti di Sparta e venuti in Italia al tempo di Licurgo (Cat. fr. 51** P; Dion. Hal. II, 49), come Aristosseno di Taranto apd Porphyr. rit. Pythag. 22 --=» fr. 5, M, FHG. II, p. 273, asserisse che Messapi, Peucezì, Lucani e Romani, fossero stati fra i discepoli di Pitagora. Quest'ultima notizia, assurda in sè, ben si spiega ove si ricordi che nel 1Y secolo,
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (725/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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