Storia di Roma di Ettore Pais

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      l'annalistica romana e le fonti greche
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      di racconti primitivi, si appoggiano anch'esse su racconti ellenici. Ciò ci conferma sempre più nella persuasione che la storiografia romana, a partire da Fabio Pittore e soprattutto da Ennio, di cui si ritrovano traccie indirette nelle posteriori narrazioni annalistiche, non trascurò di consultare codesti scrittori, anche dove si narravano le guerre sannitiche, guerre che, come dicemmo teste, vennero esposte da Duride, da Ieronimo, da Callia, ossia dei primi espositori delle più antiche gesta romane, e che erano tutt'altro che trascurate da quél Timeo, il quale, in un'opera separata, narrò la lotta fra Pirro e Roma, e raccontò pure l'origine della Città. Tutto anzi fa credere che gli annali di Fabio Pittore, non meno di quelli dei suoi successori, siano stati una protesta contro le affermazioni degli scrittori greci, i quali, codesti fatti narravano spesso da un punto di vista differente anzi ostile ed inonorevole per Roma. Nulla di più facile che molti di quei racconti relativi alle guerre sanni-
      parola Fabio Pittore, il quale fu pure inviato ambasciatore a Delfo dopo Canne. Ove il racconto diodoreo-liviano fosse stato nei particolari determinato da fatti posteriori, non molto lontani dai tempi dello scrittore che di esso faceva menzione si dovrebbe, credo, pensare all'invio di un aureo cratere a Delfo dopo la fine delle guerre galliche (nel 222 a. C., Plut. Marc. 8; cfr. s. p. 111). Questo ultimo fatto potè al caso essere registrato da uno storico romano come Fabio; ma la menzione dei Liparei, dei Massalioti, e dei riguardi usati ai discendenti del lipareo Timasiteo rinforzerebbero la supposizione che la fonte comune, immediata di Diodoro, indiretta di Livio, fosse uno scrittore massaliota o siceliota. Rispetto a Livio si potrebbe pensare a Cornelio Nepote (cfr. s. parte I, p. 89, n. 2).
      Del resto uno studio completo sulle fonti di Diodoro per questo periodo è reso pressoché impossibile grazie al suo modo saltuario ed incostante di procedere. Da Diodoro stesso, e non dalla fonte di lui, dipende (non è inutile ricordarlo ancora una volta), il suo silenzio sulle vicende romane dal 370 al 357. dal 353 al 347, dal 346 al 337, dal 336 al 317. A quanto abbiamo più volteosservato su questo proposito (v. in questo volume passim, ad es. a p. 391, n. 1; cfr. parte I, p. 75, n. \) possiamo ancora aggiungere come esempio caratteristico che in Diodoro, XVI, 82; 90, non vi sono tutte le notizie sugli ultimi anni di Timo-Ieonte che si leggono in Plutarco, Timol. 38. Se ciò nondimeno questi due autori si trovano all'unisono nel riferire il decreto dei Siracusani fatto in occasione della morte di quel personaggio, Diod. XVI, 90; Plut. I. e. 39, ciò prova come sarebbe al caso assurdo credere falsi gli altri particolari che mancano in Diodoro. E chiaro invece che questi fu ampio o succinto, a seconda del suo capriccio e della maggiore o minore diligenza, o meglio, negligenza.
      Pais, Storia di Roma. Voi. I. - Parte II. 44


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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