Storia di Roma di Ettore Pais
L'ETÀ DELLE GUERRE SANNITICHE E LA STORIA PRECEDENTE. 703
conto, che si diceva accolto dal vate Marcio, fu propagato a Roma grazie al culto di Atena identificata con Minerva, proprio della gente dei Nauzì, la quale in origine non era forse romana. (l) Essoformato in quello delle streghe e dei gobbo sotto il noce di Benevento) meglio si intende ove si riconosca il carattere locale apulo di Venulus, ed ove si consideri che costui è inviato come messo ad Argirippa od Arpi. Da Zenobio, I, 60, come feci già notare (cfr. la mia Storia d. Sicilia e eh Magna Grecia, I, p. 376, ». 2) apprendiamo infatti che i Laconi chiamavano àypinTzov l'olivastro.
In breve il mito di Ventilo ha tutta l'apparenza di uno di quei tanti elementi locali apulo-messapici, che da Ennio furono trasferiti nel Lazio e nelle regioni vicine, e che furono poi riprodotti dalle muse vergiliana ed ovidiana.
(l Con la colonizzazione di Luceria e con la conquista delle regioni vicine, si colle<»ano certo il culto di Minerva e del Palladio, che si trova tanto a La-nnvio, App. b. c. 11, 20, che a Roma. Nella Peucezia e nella Daunia il culto di Pallade od Atena era messo in stretto rapporto con Diomede, [Arist.] de mir. ause. 109 sq.; Luceria, come Roma, e Lavinio e Siris, si vantava di possedere il Palladio (Strabone, VI, 264 C; cfr. le monete di Luceria apd Garrucci, op. cit. tav. XLII, 26), ciò che del resto credevano Ilio, Atene, Argo etc.
A Roma il culto di Minerva e del Palladio era proprio della gente Nanzia. Nantes, un compagno di Enea, lo avrebbe ricevuto dallo stesso Diomede giunto in Italia, Verg. Aen. V; 704; Varr. apd Serv. ad Aen. II, 166; V, 704; cfr. Ili, 407; Dion. Hal. VI, 69; Fest. p. 166 M, s. v. Nautiorum. Varrone, l. c.\ cfr. Dion. Hal. XII, 16, affermava che Nantes ebbe il Palladio da Diomede allorché Enea toccava la Calabria, e pare quindi localizzasse l'origine di questo culto al u Mi-nervium, „ ossia al capo di Lencade, dove il -mito di Pallade e di Ulisse fu anteriore a quello di Enea (v. parte I, p. 179, n. 1; cfr. la mia Storia d. Sicilia ed. Magna Grecia, 1, p. 555). Invece da Pesto, p. 166 M, sebbene il testo sia più che lacero, pare ricavarsi che la leggenda dei Nauzì stava in rapporto con il paese dei Bruzì e con L. Cecilio Metello, il console del 251, vincitore dei Cartaginesi, il quale, secondo un ben noto racconto, essendo poi pontefice massimo, nel 241 a. C. salvò il Palladio penetrando nel tempio di Vesta, che aveva preso fuoco v. s. p. 664, n. 2.
Se da questo assai lacero testo sia lecito ricavare che nel 241, allorché ebbe termine la seconda guerra punica, e contemporaneamente si appiccò fuoco al tempio di Vesta, da una città del Bruzio e della Sicilia fu introdotto nel tempio di Vesta quel Palladio, che si diceva ivi preesistente e che Cecilio avrebbe salvato, o se invece quella statua esistesse realmente ivi da età un poco antica, non credo si possa definire. Basti ricordare che il Palladio costituiva uno dei * pignora imperii, „ uno dei" segreti della religione di Stato, e che era oggetto di discussione che cosa propriamente si conservasse nel tempio di Vesta (v. ad esempio, Dion. Hal. L c.\ Plut. Cam. 20.; Cic. prò Scaltro, 23, 47) e che non pare fosse generalmente accolto il racconto sulla cecità del pontefice Cecilio, v. s. p. 664, n. 2.
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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino 1899
pagine 746 |
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Pagina (750/795)
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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche
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