Storia di Roma di Ettore Pais

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      cui si fa parola a proposito dell'assedio di Napoli nel 327-326, Liv. Vili, 23, 10 sqq., e che forse si accenni anche al tempo della fine della seconda guerra sannitica, allorché i Romani vennero a diretto rapporto con gli Italioti. Tuttavia codesto ordine può essere più o meno casuale. Certo di esso non v'è segno in Ateneo, dove gli Etruschi ed i Sanniti vengono rammentati dopo i Greci.
      D'altro canto va poi osservato che, grazie alla perizia acquistata nello scavare le miniere, stando alla dichiarazione di Cesare, b. G. Ili, 21; VI, 22, gli Aquitani sarebbero diventati molto abili nel fare le gallerie sotterranee in tempo di guerra. Ora fra gli Etruschi le miniere di rame sappiamo essere state esplorate almeno dal principio del V secolo (cfr. Muellicr, die Etrusker ed. Deecke, I, p. 224' in cui gli scrittori Attici fanno già menzione dei prodotti della tecnica metallica di questo popolo. I dati su tale commercio v. raccolti in H. Droysen, nell'egregio lavoro: Athen iind der IVesten (Berlin, 1882).
      (a p. $6).
      Poiché ricordo le gallerie sotterranee, di cui per questi tempi si discorre solo a proposito di Veio e dell'assedio gallico di Roma, osservo che del cunicolo con il quale i Galli avrebbero tentato penetrare nel Campidoglio si parla anchein Cic. prò Cuecina, 30, 87.
      Rispetto al trionfo veiente di Camillo, che avrebbe destata l'invidia dei suoi concittadini (v. s. p. 58 sgg.), è il caso di notare che una simile versione esisteva rispetto al primo trionfo con la quadriga, attribuito da taluni a Valerio Publicola, Plut. Popi. 3, 10. La leggenda della invidia destata da codesti trionfi, non mi sembra sia altro che una particolare determinazione a proposito di un fatto tipico e di un atto religioso, che forse doveva compiere ogni trionfatore verso la divinità, che aveva rappresentata; e ciò per allontanare da sé l'invidia degli Dei, ai quali in quel giorno egli si rassomigliava. Sul qjfróvos &swv e sulle cerimonie religiose del trionfatore atte ad allontanarlo, svolge giuste considerazioni lo Stampini, nella Rivista di fiL class. XXVI (1898), p. 29.
      Sull' incendio Gallico
      (a p. 97 sg.)
      L'opinione sostenuta dal Thouret, ueber den gallischen Brand, nei neue Jahrbuecher, Supplementband, XI (1880), p. 95 sgg., che Roma sia stata bensì presa dai Galli, ma non incendiata, parrebbe avere fondamento il fatto che Polibio, I, 6; II, 18; 22, accenna solo alla prima, ma non alla seconda circostanza. Tuttavia le parole di Polibio fossia quelle di un breve accenno alla conquista in un pur breve riassunto retrospettivo delle guerre galliche), non bastano a smentire gli altri racconti più diffusi, che sanno di tale incendio. Della devastazione della Città paria esplicitamente Diodoro, XIV, 115, e dell'incendio faceva pure esplicito ricordo Trogo Pompeo apd Iust. XX, 5, 4; (cfr. XXIV, 4, 1;. Nessun argomento è


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Storia di Roma
Parte Seconda
di Ettore Pais
Carlo Clausen Torino
1899 pagine 746

   

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da: Storia d'Italia dai tempi più antichi alla fine delle guerre puniche




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