Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. I - Origine dei comuni italiani e opinioni varie sulla medesima. 7
mani negli affari di tutto il Regno italico doveano insieme congregarsi e perché soltanto la spada potè assicurare l'esistenza dei comuni ed essa non più era al fianco de' Romani. « Inutili adunque conchiude egli - ini sembrano sì fatte interrogazioni, e ciascuno « a sua voglia può trarre l'origine de' comuni d'Italia cosi dalle « moltissime franchigie naturali non dico solo de' Longobardi ma « de' Barbari, come dalle memorie non mai spente dell'antica « Roma ». E più oltre (i): « II nuovissimo comune longobardo », cioè quello sorto nel secolo x per la cessata prevalenza del popolo franco e per opera di Ottone I, come scrive lo stesso (2), « soggiacque all'intelletto romano: allora i comuni d'Italia crebbero e si mostrarono ; allora sorse il nuovo popolo non più longobardo né romano; ma italiano. Gli esempi di Roma cattolica « e di Venezia ingrandirono il comune d'Italia; l'autorità de' vescovi lo rafforzò ; la protezione de' romani pontefici lo condusse « alla gloria ed alla signoria. Grandi mutamenti, ai quali contribuirono assai gli studi della dotta ed illustre Bologna ».
ti. Carlo Rezzonico (3), contraddicendo al Troya, ammette come almeno probabile l'esistenza di un comune romano e scrive: « Troviamo il fatto capitale della preesistenza di un comune romano all'epoca dell' invasione longobarda e della sua più tarda & ricomparsa, senza che esistano prove positive che nel tempo intermedio sia stato distrutto ed incorporato nel dominio longobardo ». Suppone quindi due comuni distinti, l'uno tutto longobardo nella campagna, l'altro tutto romano nelle città e più precisamente il romano in alcune città e il longobardo in altre e talvolta l'uno e l'altro a fronte nella stessa città. Tale promiscuità nega poi il Troya nella sua risposta (4) al Rezzonico, affermando unico il comune e composto di Longobardi o di viventi a legge longobarda.
12. Il Bianchi-Giovini (5) scrive poi con sicurezza: « Supporre « che istituzioni esistenti prima dei Longobardi, siano state abolite « dai Longbardi, anzi distrutte, annichilite a tal punto da perderne « la memoria, e che dopo un oblìo di quasi due secoli si sieno « riprodotte alla quasi primitiva loro identità, è uno dei più strani « pensamenti che immaginare si possa ».
(1) TROVA, op. cit., 5 283.
(2) TROVA, op. cit., § 261.
(}) REZZONICO, Osservazioni (sulla cit. op. del Troya), art. 2, § 3.
(4) TROVA, Risposta alle osserva^, del Re^pnico ecc., cap. n, § 11.
(5) BIANCHI-GIOVINI, Storia dei Longobardi, Milano, Civelli, 1846.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (29/635)
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