Il Comune Teramano di Francesco Savini
Cap. II - Condizioni storielle del comune nell1 Italia meridionale. 2 I
« ministrare » (i). Non è però da tacere che Federico II nel tempo stesso reprimeva con sapienti leggi le oppressioni de' potenti (2) ed ammetteva ai parlamenti generali del regno le città demaniali; siccome, per esempio, a quello tenuto in Foggia (3). È sempre vero non pertanto che egli con la sua costituzione dette nel regno un gran colpo all'autonomia comunale^ la quale tanta potenza e prosperità produceva nel resto d'Italia e son da leggersi le grandi pene ch'ei minacciava a qualche città che ardisse erigersi a municipio (4).
4. Frattanto si svolge il quarto periodo municipale sotto la dominazione degli Angioini, vincitori e successori degli Hohen-staufen, e sì poco propizii alla fortuna cittadina. Quei principi, estendendo sempre più il feudalismo, che fu la grande piaga del regno, per ricompensare i servigi di chi gli avea seguiti nella nuova conquista, menomavano così il numero delle terre demaniali. Né furon paghi di ciò, che restrinsero anche i privilegii dei comuni: si cita a prova di questo il decreto del 6 maggio dell'anno 1279, con cui Carlo I d'Angiò (5) ordinò a tutte le università, città e terre di distruggere i loro suggelli e che gli atti pubblici e privati fossero segnati dai giudici, notai e testimoni. Dal che il Faraglia conchiude, citando anche documenti (6), che « la vita municipale era ben poca ed i cittadini vivevano più per « il barone e pel re che per se stessi. Oppressi dalle prestazioni « baronali, dalle collette e dalle sovvenzioni pel re, le loro raunanze erano ben rare, e quasi non tendevano ad altro, che a « trovare i modi di pagare le imposte ed eleggere per speciali bisogni, i sindaci, i collettori, i tassatori. Solo di questo abbiamo « un numero grande di documenti,». Ciò non ostante possedettero le università i loro demani!, proprietà di tutta la comunanza dei cittadini, i quali aveano diritto di usarne; tali beni erano custoditi dai delegati dei parlamenti comunali: mantennero pure le medesime l'antico diritto di eleggere i giudici, i maestri giurati e gli altri ufficiali (7). Un' altra cagione potissima della decadenza dei
(1) Frid. II Coniili., tit. 50.
(2) Frid. II Comlit., cap. « De non opprimendis vassallis a dominis ».
(3) CARCAMI, Rtg. Federici II, pp. 561, 362.
(4) CARCANI, op. cit., p 284. Un esempio di tal rigore lo vedremo anche a Teramo nello stesso secolo sin, come diremo al proprio luogo, cap. x, § 9.
(5) Arch. di Stato in Napoli, Reg. ang. 1278, 1279 H, n. 33, fol. 21.
(6) FARAGLIA, op. eh., pp. 46 e 51.
(7) FARAGLIA, op. cit., pp. 51 e 56.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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