Il Comune Teramano di Francesco Savini
3O Parte I - Prolegomeni alla storia del comune teramano.
dezza cittadina pari a quella delle due suddette regioni d' Italia, così le cagioni storielle ostarono a che la nostra città fruisse almeno della prosperità delle vicine Marche. Pure, malgrado tanti secoli di divisione dall'antico Piceno, molte nostre consuetudini e naturali inclinazioni ci richiamano a quella male interrotta unione. Così il nostro sistema agrario (della mezzadria), che, simile a quello vigente nelle Marche, cessa appunto al confine meridionale della nostra regione, la eguaglianza di parecchie magistrature e leggi municipali, che non staremo qui a descrivere, avendo già fatto ciò altrove (i), la facilità de' Teramani a tórre i modi più civili della contrada posta al nostro settentrione, le relazioni amichevoli che tra noi, appunto siccome nelle Marche, passano fra le classi colte ed agiate e quelle degli artefici e de' coloni ed in generale la maggiore mitezza di costumi al paragone anche delle regioni a noi più prossime, ma situate a mezzogiorno, e tante altre analogie che, minutamente analizzate, ci menerebbero troppo per le lunghe. Chiaro dunque si è che tutte le medesime, custodite meglio e rafforzate dal vincolo dell' unione politica con la prossima regione, sventuratamente rotto dal ferro normanno, ci avrebbero levato ad un maggior grado di civiltà e di prosperità che non sia il presente. Quanto dunque son da dire ignari della patria storia coloro che udendo imputarsi alle così dette provincie meridionali una minore civiltà, prendono tale causa come propria e sorgono ad impossibile difesa. Non considerano cotesti Teramani che siffatta accusa non li colpisce direttamente, giacché noi fummo soltanto vittime dello assorbimento, che la nostra piccola regione ebbe a patire fin dal tempo della prima formazione del regno di Napoli e che essa, appunto per la sua piccolezza, non potette schivare, malgrado la resistenza morale che sempre oppose a un più compito assorbimento (2).
(1) Cf. il nostro Studio sugli statuti di Teramo del 1440, Firenze, Barbèra, 1889, ove spesso ricorrono e si notano le analogie tra le nostre consuetudini e leggi con quelle delle Marche.
(2) Riguardo a ciò notevole è la resistenza che Teramo, come vedremo nel corso di questo scritto, fece ai regii voleri intorno all'elezione de' suo: magistrati civili, che per lungo tempo volle scegliere fuori del regno e contro le leggi di questo. Né è da credersi che Napoli, pur predestinata alla fortuna di divenir città capitale del nuovo regno, si rassegnasse al giogo normanno, giacche essa, come ci ha rivelato il Capasso mercé documenti prima ignoti dell'archivio Vaticano (Arch. Star. Nupolel. an. 1884, lib. IX, fase. IV, p. 714) nel 1156 al pari di altre città si sollevò contro il re Guglielmo I, solo i magnati tenendo per lui. Costoro ebbero conferma dei loro diritti di supremazia dal principe vincitore, mentre il popolo ne riportò crudele punizione.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (52/635)
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