Il Comune Teramano di Francesco Savini
7' Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
sieme coi conti e con gli scabini. L'ufficio loro dunque era quello di assessori deputati dei comuni, siccome argomenta lo Hegel (i) dalla cele1'-0 Lex romana utimnsis del ix secolo, che ha dato materia a tante moderne disquisizioni. Essa, ragionando degli avvocati frodatori (2), vieta loro di aver luogo « nec inter bonos homines « nec inter alias iudices ». Si noti però che i sostenitori della non interrotta continuazione del diritto municipale romano, siccome il Savigny (3), scorgono in essi buoni uomini gli antichi decurioni romani. Anzi i contradditori del Savigny, come il Bethmann-Holl-weg(4), stimano pure i boni homines decurioni romani, adducendo a prova di ciò la stessa Lex utinensis in due luoghi (5), quando cioè essa, parlando delle donazioni di cose immobili, stabilisce che « gesta (6) apud bonos homines vel curiales testes firmata esse « debent » ed allorché, ragionando dell' ufficio dei tutori, cita i « seniores (che stanno anche per boni homines come altri testi della « legge dimostrano) civitatis ipsius cura alios iudices » (sic). Che essi sieno gli antichi decurioni romani nega per altro lo Hegel, il quale (7) ammette soltanto che sieno stati assessori cioè scabini romani. A tal proposito conviene pur ricordare che nel regno, sotto la dominazione normanna, i buoni uomini erano, come dimostra un recente scrittore (8), i giurati, che, scelti nelle più cospicue classi sociali, sedevano nei giudizii sentenziando non solo sul fatto (come fanno i moderni giurati), ma applicando altresì la pena. Il giudice presiedeva soltanto e promulgava la sentenza deliberata dai buoni uomini. Ed anzi noi soggiungiamo pel fatto nostro che •anche nel secolo xin sotto gli Angioini si trovano presso di noi, siccome vedremo nel capitolo X, i probi viri che giudicavano col giustiziere della provincia e col costui giudice ed assessore.
5. Detto in generale degli scabini e de' buoni uomini, diamoci ora a cercar tra noi siffatti magistrati municipali. Fortunatamente in ciò non abbiamo da notare quella scarsezza di patrie memorie lamentata per 1' addietro, e tanto in grazia dello smarrito carto-
(1) HEGEL, op. cit., p. 419.
(2) Lex rom. tilin., II, io.
()) SAVIGNY, Gesch. des róm. Rechtu, I, pp. 448-55.
(4) BETHMANN-HOLLWEG, Ursprungdtr lomb.Stàdtefreiheil, p. 42, Bonn, 1846.
(5) Lex rem. utin.f Vili, 5, i.
(6) Dei gesta, abbiamo detto più indietro, cap. vii, § 6.
(7) HEGEL, op. cit., p. 420.
(8) P. CIOTTI-GRASSO, Del diritto pubblico siciliano al Umpo dei Normanni, Palermo, 1883 di pp. iv-144.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (98/635)
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