Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      94 Parte HI - II comune teramano nell' évo medio.
      « spettanti fedelmente e senza frodi, e in caso di repugnanza turnasse il feudo alla chiesa, ma emendando quelli, fosse loro riconceduto ». Ed ecco anche in questa carta impetrata con largizioni la protezione dei conti; ciò che sembra mostrarci e il pericolo che in quei tempi di violenze correvano i possedimenti ecclesiastici e anche il bisogno che sentivano i nostri vescovi .di ottenere con ripetute . larghezze il favore dei conti, forse un po' restii ad accordarla senza compenso. In ogni modo tutti e due i documenti ci provano la natura delle relazioni, che intercedevano tra i conti e i vescovi, e le quali ci appaiono di buona lega, sebbene a volta a volta il tesoro dei conti avesse d'uopo dell'oro vescovile per. muovere a generosità i suoi padroni. Ci mostrano essi inoltre che i conti, anche in quell' epoca, in cui i vescovi godevano il possesso di molti feudi e fors' anco della loro città, erano i maggiori signori della regione.
      Ma siffatte buone relazioni non dovevano essere di sì salda tempra, da resistere alle mutazioni di stato, che poco dopo seguirono nel regno mercé l'invasione normanna. Olfatti intorno al 1140, epoca in cui questa, al dir del Palma (i), seguì nella nostra regione, il vescovo Guido II giudicò opportuno, specialmente in quei frangenti e a fronte dei Normanni mostrantisi allora sì avversi alla Chiesa, assicurare la tranquillità de' vescovili dominii con l'esigere dai conti Roberto e Guglielmo (succeduti, a parer nostro (2), ai loro fratelli Matteo ed Enrico), due giuramenti ri-
      (1) PALMA, op. cit., voi. I, p. 155.
      (2) Vogliamo qui notare di passaggio che il PALMA (voi. I, pp. 1556 156), in gran parte argomentando dai nomi di Roberto e di Guglielmo, suppose ch'eglino fossero di stirpe normanna, e che quindi i nostri vescovi, non fidandosi di questi nuovi signori, esigessero i surriferiti giuramenti; visto inoltre, che nel primo di questi si legge : a Ego Comes Robertus et Guilelmus juro etc », frase che all'UGHELLl fé' giustamente credere che fossero associati nel dominio, riconobbe invece il Palma, che il secondo fosse fratello del primo e, negando che gli fosse socio nella contea, ammise solo in lui qualche ingerenza negli affari pubblici, e ciò per non essere obbligato a riconoscere in quel dominio il diritto longobardo e perciò ne' due fratelli la stirpe di tal nazione. Ma la sua ipotesi non regge alla buona critica, giacché e la frase dell'atto è chiara per sé e non è lecito torturarla a segno da farle dire il contrario e ci sembra poi puerile il supporre 1' ingerenza ove appar chiara la società nel dominio, quella società appunto che abbiamo visto più sopra negli altri due conti Matteo ed Enrico. In quanto poi alla esistenza della signoria normanna nella nostra regione, non le si può affatto opporre simile associazione di uso longobardo, giacché è cosa nota che quella signoria mantenne ne' feudi del nostro territorio la legge longobarda, e sono infiniti gli esempii di questa come vigente


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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