Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. IX - Condizione municipale di Teramo nel periodo vescovile. 9 Jportati dall' Ughelli sul cartolario aprutino senza data, ma che deb-bonsi attribuire al secondo quarto del secolo xn, quando appunto pontificava Guido II, vescovo di Teramo. Col primo il « Comes « Robertus et Guilelmus » giurano di assicurare a Guido tutti i possessi vescovili e di non fargli perdere « ea que nunc tenetis « et in antea acquisieritis » e in caso che qualcuno ne lo privasse, « Ecclesiam S. Marie et te sine fraude et malo ingenio fideliter « adiuvabo ». E se poi tale violenza fosse stata fatta da sé o dai suoi baiuli « emendabo usque ad 40 dies, si in Comitatu Aprutino fuero ». Nel secondo giuramento che segue, fatto in solo nome del conte Roberto, questi assicura altresì il vescovo Guido, che non gli farà perdere « eas res quas tenetis nec in terra dominii mei et meorum hominum, vel que in antea acquisieritis » promettendogli insieme lo stesso aiuto e le medesime riparazioni mentovate nel primo giuramento. Ecco dunque per le mutate vicende politiche rallentarsi i vincoli di concordia e di protezione che per lo innanzi legavano i conti ai vescovi. Era questa probabilmente la conseguenza dell'umor nuovo insinuatosi negli animi dei primi per influsso dei recenti signori. Frattanto i vescovi apru-tini, con l'assicurare in sitnil modo i loro possessi temporali, giovavano indirettamente, e sia anche senza previsione dell'avvenire, ai loro sudditi, trasmettendo poi a suo tempo a questi più forti e
      nel possesso dei feudi aprutini e per lunghissimo tempo dopo 1! invasione normanna. Ma noi possiamo dire di più in confutazione di quel che scrive il Palma sulla stirpe normanna de' nostri conti Roberto e Guglielmo. Invero egli non vide l'atto del 1121 di sopra da noi riferito ed emesso dai conti Matteo ed Enrico a conferma di alcuni diritti vescovili, giacché in caso contrario egli avrebbe ivi trovato che tra i quattro fratelli di questi due ultimi conti ve ne erano due appunto di nome Roberto e Guglielmo. A che dunque andare a cercare siffatti nomi in una supposta famiglia normanna, quando ed essi son dati ai fratelli proprio di que' conti Matteo ed Enrico che il Palma stesso riconosce di gente longobarda e quando ognuno sa che tanto la nazione longobarda quanto quella normanna erano ambedue germaniche e che quei nomi appartengono alla lingua tedesca e antica e moderna? Quindi non regge neppure quel che soggiunge il Palma che i nuovi dominatori normanni avessero spogliato i nostri antichi conti e noi potremmo anche aggiungere che dal bisogno sentito dai nostri vescovi di ottenere da loro i noti giuramenti argomentiamo il soverchio favore dato dai conti ai novelli principi si da destare giusto timore per la sicurezza dei beni vescovili. Persine quel dirsi nel giuramento « si in Comitatu aprutino fuero » non ci mostra il segreto timore che essi avevano di perdere l'avito dominio per mano dei nuovi conquistatori, timore che forse inspirava il troppo zelo per questi ultimi? ciò supponiamo perché il senso generale del testo non ci sembra adatto a far pensare ad una temporanea assenza di quei conti.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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