Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      112 Parte III - II comune teramano nell1 évo medio.
      accade qui addurre le prove di siffatta qualità ne' suddetti nostri magistrati, giacché, oltre l'esserne argomento il loro stesso nome, per lo innanzi abbiamo arrecato numerosi esempii che ce li presentano nell'esercizio del potere giudiziario, e durante il periodo comitale (cap. viti, §§ 5 e 6) e durante quello vescovile (cap. ix, § 5). Passiamo quindi a considerare i giudici e buoni uomini nostri sotto il terzo aspetto, cioè di rappresentanza cittadina, e a paragonarli con questo riguardo ai consoli del resto d'Italia, ciò che è veramente il punto più importante per la nostra storia municipale. Per far ciò è necessario dar qui un rapido sguardo a quei giudici e buoni uomini che ci sono apparsi pel passato e de' quali abbiamo tenuto discorso al proprio luogo (cap. vili, § 3), e, dando maggior rilievo ai loro ufficii, scorgere quanta autorità cittadina avessero per avventura goduto. Ora, considerando che i giudici erano, col nome mutato nel secolo xi, gli antichi scabini, nel compito di questi è quindi da scorgere quello dei giudici. Nel citato luogo dunque vedemmo che gli scabini facevano più da giudici che da assessori; erano altresì patrocinatori di chiese, notai; trattavano affari in via stragiudiziale; erano insomma giurisperiti, per mezze dei quali i liberi comuni prendevano parte ai giudizi! ed all'amministrazione delle città e de' contadi : su di essi dunque, detti pure iudices civitatis, fondavasi nel secolo ix la costituzione dei comuni italiani, siccome più a lungo ivi dicemmo. Ciò in generale; tranci poi gli abbiamo visti (cap. vili, § 5) sottoscrivere atti come nel-1*891 e nell'894 subito dopo il conte, rogare» gì'instrumenti siccome nel 976, e per l'ultima volta, nel 1010, dopo la quale epoca cessano presso di noi gli scabini e cominciano ad apparire i giudici. In quanto poi ai buoni uomini, abbiamo pur veduto più indietro che essi tra noi, vuoi nel periodo comitale (cap. vili, § 6) e vuoi in quello vescovile (cap. ix, § j), sebbene fossero assessori nei giudizii e quindi in ciò paragonabili, come i giudici, ai consoli, pure i medesimi col prender parte ai giudizii (e specialmente nel tribunale vescovile) in quanto delegati cittadini, siccome vedremo nella concessione del vescovo nel 1207 (§ io), rappresentavano la città, e perciò son da compararsi, sotto questo riguardo e nello stesso modo, ai consoli. Non perciò del resto si possono confondere con questi, nuovo instituto e non derivato, siccome dicemmo, dagli antichi collegii dei giudici e degli scabini. I consoli, nelle libere città d'Italia, son cosa affatto diversa, e ciò provano i documenti, in cui i consoli e i buoni uomini son nominati distintamente. Così in un patto di pace conchiuso nel 1127 tra il


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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