Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      116 Parte III - II comune teramano nell' évo medio.
      vale a dire nel secolo antecedente a quello in cui s'inaugurò, almeno giuridicamente (nel 1207), il nostro governo municipale, noi eravamo ancora nello stato, a dir così, di minori e di soggetti alla paterna autorità vescovile; e certo, durando questa, non potea aver luogo quella de'consoli, ch'era, come abbiam veduto, suprema ne[ governo della città. Allorquando poi uscimmo di pupilli e conseguimmo con l'editto del 1207 l'elezione del podestà e degli altri magistrati cittadini, lo. svolgimento della vita pubblica erasi già dappertutto compito e, l'autorità comu'nale perfezionandosi, il consolato s'era risoluto nella più perfetta magistratura del podestà. Si è perciò, crediamo, che noi saltammo a pie pari quel periodo importantissimo della storia italiana e passammo immediatamente, senza la storica transizione del consolato, dalla signoria del vescovo al più forte ed unificatore instituto del podestà. Tutto ciò nonpertanto sia detto senza pregiudizio della potenza, che abbiamo dimostrato (§ 4), de' nostri boni komìnes in molta parte sì affine a quella dei consoli delle altre città italiane, e specialmente senza toglier nulla all'efficacia degli argomenti, che, come abbiamo veduto (§ 3), indussero il Davidsohn a scorgere tanto legame tra l'in-stituto dei buoni uomini e quello dei consoli, da reputare questi ultimi una delegazione dei primi.
      7. Frattanto il comune italiano si perfezionava e alla grande lotta della lega lombarda per la libertà di quello tenea dietro nel 1183 la pace di Costanza che la consolidò e la rese legale. La più importante innovazione che essa addusse fu l'instituzione del podestà, che ebbe il supremo potere civico e militare sulla città e che, come osserva lo Hegel (i), successe perciò immediatamente ai consoli del comune, essendo rimasti quelli del tribunale o giudici civili (2). L'origine derivò dal plenipotenziario imperiale, instituito da Federico I nelle città, ma la causa si deve attribuire al bisogno che v'era di concentrare in uno l'autorità divisa e disordinata dei consoli, e fu eletto straniero al comune, con lo scopo di evitare le passioni delle plebi. Si deve esso considerare successore dei conti, in quanto condottiero e giudice (3), con la grande differenza che il podestà restava in carica solo un anno o sei mesi ed eleggevasi
      (1) HEGEL, op. cit., p. 514.
      (2) E appunto presso di noi tali furono quei giudici che il vescovo Sassone nel 1207 concesse ai Teramani insieme col podestà (V. innanzi § io).
      (3) In tempi remoti anzi il conte assumeva il titolo di giudice, essendo egli il primo magistrato della contea. Cosi difatti in un cambio nostro del 959 (ap. PALMA, voi. I, p. 106).


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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