Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Cap. X - Suo svolgimento e suoi atti nel periodo di libertà (1207-1292). 121
      sua vita novella. Difatti instituisce esso i magistrati cittadini e la forma della loro, elezione, e ne 'regola le precipue incombenze; conferma ai Teramani la libertà personale e reale già loro concessa dai suoi antecessori Guido e Dionisid nel 1165 e nel 1173 (i), e assegna ai buoni uomini cittadini le cause riguardanti quella doppia libertà. Cede loro i precipui diritti feudali, come quello di punire i delitti di sangue e di percosse e l'altro del bando (sanguinerà, livorem et bandisiam) e da quindi loro i giudici e il podestà, la elezione del quale dovea compiersi da un mediatore laico (medianus), ossia elettore compromissario, scelto dal vescovo tra i cittadini originarii (hereditariis). Il popolo dovea accettar questo podestà e poi menarlo innanzi al vescovo, che insieme col popolo facealo giurare di esercitar lealmente l'ufficio e ad onore della chiesa, del vescovo e del popolo di Teramo, e, in caso l'eletto non volesse così giurare, si scegliesse un altro a podestà. Ciò fatto, il vescovo dava al popolo i giudici, che giuravano nella stessa forma del podestà. Nell' annua rinnovazione di quest' ultimo il vescovo presente in diocesi, sulla triplice domanda del popolo e nel termine di quindici giorni, dovea assegnare a questo il mediatore e, se ciò egli non facesse, il popolo per un suo mediatore avrebbe eletto il podestà, il quale, se dal vescovo fosse accettato, avrebbe giurato nel modo sopradetto senza che ad altro fosse costretto. Lo stesso dovea farsi, sia se il vescovo assente non nominasse-il mediatore e sia se la sede fosse vacante, quando questa riavesse il proprio pastore. Se poi il popolo rapisse al vescovo cotali diritti ed entro lo spazio di cento giorni non si emendasse, perderebbe ogni fatta concessione sul mediatore, sul podestà, sui giudici e sul mero impero. E lo stesso seguirebbe al vescovo, se violasse le sopraddette concessioni e non vi riparasse pure entro cento giorni; ed in tal caso egli perderebbe i suoi diritti, e il popolo potrebbe eleggere da sé, e senza il vescovo, il mediatore, il podestà e i giudici. Inoltre se il podestà avesse ricevuto alcun che delle ragioni del vescovo o del popolo, dovea farne giustizia a chi spettava per mezzo dei giudici, e se il vescovo per necessità di guerra o di altro caso dovesse eleggere un altro podestà per l'anno venturo, due o tre mesi avanti che si compisse il tempo del primo, allora ambedue si doveano tra loro sorteggiare i vari uffizi!, restando però al primo podestà l'obbligo di finire la sua annata. Chiude poi l'atto il vescovo Sassone col dire che tutto ciò avea egli concesso e confermato col consenso e con la volontà dei suoi concanonici.
      (i) V. sopra cap. ix, § 9.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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