Il Comune Teramano di Francesco Savini
Parte III - II comune teramano nell'evo medio.
il capitolo, il podestà, il consiglio ed il comune, ci dimostra che anche dopo le summentovate concessioni de' prelati teramani, il nostro vescovo manteneva il suo predominio, né ciò ci prova soltanto cotesto indirizzo, ma altresì il dirsi nella lettera pontificia, che.il vescovo ed il capitolo aveano supplicato il papa della liberazione « civitatis sue » (notisi questo sue riferentesi al vescovo) dalla prepotenza ascolana. L'ordine di cotesto indirizzò ci addita inoltre la composizione, ossia l'organismo del nostro comune .alla metà del xiu secolo e durante il breve periodo della dominazione pontificia, di cui diremo di . proposito più innanzi (cap. xn) : vi appaiono difatti prima il vescovo ed il capitolo col loro supremo potere sulla città, quindi il podestà, già instituito nel 1207, con quelle attribuzioni che esso soleva avere in quel tempo e che abbiamo mostrato più indietro (§ io), il consiglio composto come dovea essere di notabili cittadini e circondante il podestà ed in fine il comune, sotto il cui nome si deve intendere il popolo, rappresentato forse anche allora dal parlamento, che vedremo qui innanzi (§ 14) sicuramente ricordato in un documento del 1286. A veder meglio ciò che diciamo, gioverà il confronto con atti simili e coevi. Così leggiamo nel Theiner (i) una lettera di Gregorio IX degli 8 agosto 1235 diretta « Potestati consilio et « populo viterbensibus », ove son da notarsi due cose: prima che non essendo la lettera diretta al vescovo, ma solo al comune, è da credersi che il potere pubblico sia stato nelle sole mani di quest'ultimo; poi, che dicendosi nelle lettere alle città del regno (siccome ne vedremo un altro esempio più innanzi in quella ai Napoletani) « comuni » invece di « populo », come si dice ai Viterbesi, è uopo stimare che ciò seguisse per la maggiore parte che il popolo nelle città dello Stato pontificio prendeva alle pubbliche faccende. Nella citata frase poi, che riguarda la restituzione delle « libertates, iura, vassallos et pussessiones suas », che il cardinale Capocci dovea far eseguire a vantaggio del vescovo, del capitolo e della chiesa aprutina, si scorge chiaramente che queste libertà e diritti appartenevano eziandio ai cittadini, sendochè nelle fatte rimostranze si parlava della libertà e dei diritti rapiti ai Teramani dagli Ascolani. Ma siccome questi beni erano affidati all'alto dominio della chiesa aprutina, cosi il papa ordinava al suo legato di rimetterli giuridicamente in poter della medesima. Che poi si tratti di diritti cittadini ancor più chiaro apparisce dalle parole, con
(i) THEINER, Cod. diplotn. del doni, biupor. Adla. S. Seds, voi. I, p. 305.
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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C. 1895
pagine 612 |
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Pagina (152/635)
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