Il Comune Teramano di Francesco Savini

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      Parte III - II comune teramano nell' évo medio.
      Ma prima di venire a questo, dobbiamo dar conto dell'ultimo di tali patti per mostrare in tutte le sue fasi, durante due secoli (dal 12 1 1 al 1381), questo lato importantissimo della nostra vita municipale, e ciò uscendo anche in questo sol caso dal periodo qui considerato, affinchè si scorgano i v;iri modi che tennero i Teramani nell' aggregare alla loro città sempre nuovi abitanti, e si vegga quali ostacoli dovessero superare e quali diversi e progressivi vantaggi sapessero acquistare alla patria. È quello un instrumento dei 27 gennaio del 1381, con cui i vassalli della badia di S. Atto o di S. Niccolo al Tordino, videro assicurata la loro dimora in Teramo, che già da tempo vi facevano nel numero di quarantadue famiglie per isfuggire alle scorrerie delle soldatesche nelle invasioni del regno e alle soverchierie de' prepotenti. Risolsero essi dunque, scrive 1* Antinori che vide l' atto nell'archivio comunale, ove ora più non esiste (r) e che cosi lo compendiò « di lasciare inabitate « le ville, che erano Bervicacio, Vestiano e Festagnano, e di essere « incorporati a Teramo, soggetti al foro e alla capitania di quella, « e d'essere trattati come cittadini avventizi, e partecipanti delle « immunità e de' pesi. Consentirono frate Niccoluccio di Gite vitella, abate di S. Niccola a Trentino della diocesi aprutina, « co' quattro monaci di quel monistero, e '1 sindico di Teramo « Pietro di Gentile di Palmerio in nome di tutti i cittadini. Quindi « ai 27 di gennaio ne fermarono il contratto con le seguenti capitolazioni : che quelle tre ville fossero rimosse dalla giurisdizione « del giustiziere d'Abruzzo, per grazia di ottenere dalla regina, e « si unissero alla giurisdizione del capitano di Teramo ; che tutti « gli altri vassalli del monistero non aventi in Teramo domicilio, « ma ricevuti per cittadini per un quinquennio, fossero gravati soltanto nella quarta parte, e passato quel termine come gli altri « cittadini fumanti (2); e i vassalli aventi il domicilio fossero esenti «da pesi di quartucci e di gabelle; che quelli del tenimento della « badia e del casale di S. Niccola non potessero essere costretti « a tornare ad abitare in esso; che le liti civili fra loro emergenti « in Teramo si conoscessero da' giudici ordinari della città, e le « emergenti nel territorio del monistero dall'abate e da' suoi uffi-
      (1) ANTINORI, Afe. cit., ad an. 1581 ; ove si descrive cosi quell'atto : « Instr. « r. N. Blasio Petrut. Francischell. Ter. 1381, 27 lan. Ind. 4. Regln. loh a. 39 v in arch. Civ. Teram. ».
      (2) Cosi si chiamavano quelli che tenevano fuoco per sé, cioè famiglia, relativamente alla tassa che pagavasi per esso.


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Il Comune Teramano
nella sua vita intima e pubblica
di Francesco Savini
Forzani e C.
1895 pagine 612

   

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